esperienze di avvio degli organismi di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001

fare carriera, per aumentare gli utili della sua divisione ecc.,
eluda i meccanismi in termini di controllo. E allora lì si può
fare seriamente una valutazione sul funzionamento del modello
di controllo e sul grado di elusione, che poi sono due facce
della stessa medaglia: l’elusione è tanto più fraudolenta quanto
più i meccanismi di controllo erano buoni, perché se i meccanismi
di controllo fanno acqua da tutte le parti, puoi eludere
semplicemente omettendo di comunicare: «Guardate, sto
rubando»!
Però questo significa che la risposta al punto 7
dell’Allegato A) è nettamente ‘no’ (anche se comprendo l’esigenza
da cui nasce): non è possibile elaborare criteri tassativi.
Io capisco l’esigenza di avere un modello perfetto che, una
volta adottato, dia la sicurezza che i magistrati non vengano a
prendersela con la società. Ma questo non è possibile, perché
è il funzionamento in concreto del modello e non la sua astratta
configurazione che può rivelarne l’adeguatezza ex ante,
come funziona effettivamente.
Questo lo dico ben sapendo che il potere diffuso è un’ottima
cosa, ma ha anche dei limiti. La “giurisprudenza diffusa”,
chiamata a esprimere una valutazione in concreto e caso per
caso, non potrà mai essere codificata in un decalogo da parte
della Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione potrà mettere
dei limiti, potrà contenere l’applicazione di determinati
requisiti ai soggetti; richiedere, ad esempio, che ogni componente
dell’organismo di vigilanza debba essere incensurato
sarebbe un’ingerenza forse eccessiva da parte del giudice. Per
quanto però si possano mettere dei paletti, la valutazione in
concreto dell’idoneità di un modello è una decisione di merito,
affidata, caso per caso, al giudice, e come tale non predeterminabile
in astratto.
Secondo me le imprese sprecano i loro denari finché si
affidano a questi modelli astratti fatti da grandi società che
riempiono duemila pagine di cose, magari fotocopiate. Sono
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