esperienze di avvio degli organismi di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001

maniera sostanzialmente burocratica, mantenendo un profilo
basso, laddove avrebbe potuto formare, attraverso lo strumento
delle osservazioni, una vera e propria “giurisprudenza”
uniforme sui caratteri dei modelli, ad esempio sulla stessa
struttura e composizione dell’o.d.v., senza per questo invadere
il campo della giurisdizione che, anzi, come ho già detto, si
sarebbe potuta giovare di una tale attività.
Oggi non conosciamo nulla della “giurisprudenza” ministeriale
in ordine alle decisioni assunte o alle osservazioni presentate
nel corso delle procedure di approvazione dei vari
codici di comportamento. Se il Ministero della giustizia avesse
interpretato il suo ruolo in chiave più dinamica, l’impatto
delle imprese con i modelli sarebbe stato meno drammatico e,
soprattutto, meno conflittuale.
Non è mia intenzione muovere alcuna critica al prof.
Gabrio Forti, che ha organizzato in maniera così sapiente questo
incontro, ma forse oggi sarebbe stato interessante sentire,
finalmente, il punto di vista del Ministero della giustizia.
FORTI: In qualche modo sono stato chiamato in causa e perciò
mi inserisco. A un coinvolgimento di rappresentanti istituzionali
e del Ministero della giustizia nel dibattito odierno
abbiamo pensato, almeno nel senso che ci siamo rivolti, chiedendogli
di partecipare al nostro incontro, al dott. Francesco
Greco, nella veste di Presidente della Commissione che ha
avuto il mandato di avanzare proposte di modifica del d.lgs. n.
231. Un componente di tale Commissione, che ha chiuso i
suoi lavori il 31 dicembre 2007, è comunque presente tra noi,
nella persona del dott. Cascini. Ricordo peraltro che, nelle
“notazioni conclusive” al documento da essa predisposto, la
Commissione, pur prendendo atto dei «limiti del compito
assegnato», tale da non permettere ulteriori interventi sul
d.lgs., «strumento comunque prezioso per fronteggiare la criminalità
del profitto e non meno importante sul versante della
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