esperienze di avvio degli organismi di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001

e - non dimentichiamolo mai - l’idoneità del modello e dell’organismo
di vigilanza quando la società resta impigliata nel
processo penale, cioè quando è nella peggiore delle sue condizioni.
Ma se il modello ha funzionato, noi la società non la
vediamo, perché il reato non si è verificato, salvo il caso in cui
non siamo stati in grado di scoprirlo. Guardando soltanto la
fetta che ci riguarda, abbiamo l’idea che quella sia il tutto,
mentre è solo una parte e dobbiamo augurarci che sia una
parte molto marginale e tutto il resto vada bene.
EPIDENDIO: Rapidissimamente, sul problema che ha
posto il collega Fusco. Io sono d’accordo con la valorizzazione
del momento di controllo, chiamiamolo così, però va anche
un po’ storicizzato come l’Italia è giunta a dotarsi di questo
strumento, che è uno strumento importante, non solamente dal
punto di vista del controllo, ma anche dal punto di vista della
prevenzione.
Le esperienze di diversi ordinamenti sono state completamente
differenti. Pensiamo agli Stati Uniti: lì c’è stato
un periodo molto lungo in cui i codici etici hanno avuto un
ruolo fondamentale. L’impresa è arrivata a ragionare su
come comportarsi, su come evitare il rischio reato in
maniera inizialmente spontanea, attraverso questo sistema
che ovviamente poi si è dimostrato anche poco efficace,
perché appunto rimesso in un certo modo allo spontaneismo
delle imprese. Dopo, anche in America, lo sappiamo,
si è intervenuti in maniera differente. In Italia l’esperienza
è totalmente diversa: non abbiamo avuto un sistema
imprenditoriale in grado di formarsi sulla base di codici
etici. Forse un po’ perché non ci si è mai creduto, ma un po’
anche perché la mentalità del sistema imprenditoriale italiano
era una mentalità particolare: imprese gestite da grandi
famiglie oppure piccole e medie imprese che non erano
interessate al discorso del buon amministrare e dell’amministrazione
etica.
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