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CAPITOLO 2. Le patologie associate allo stress lavorativo<br />

2.1. Le cardiopatie (Cesana, Ferrario)<br />

Il nesso tra stress e malattie cardiovascolari acquisite è stato particolarmente studiato (1) <strong>per</strong><br />

<strong>un</strong>a serie di ragioni: a) tale nesso ha come fondamento <strong>un</strong>’ipotesi patogenetica che fa riferimento a<br />

<strong>un</strong> modello di disordine psicofisiologico che è alla base delle teorie dello stress; b) le malattie<br />

cardiovascolari sono la prima causa di invalidità e di morte nei paesi occidentali, con costi<br />

lavorativi più alti che <strong>per</strong> qualsiasi altra patologia; c) gli indicatori di morbosità sono<br />

sufficientemente diffusi e "solidi" (ovvero con <strong>un</strong>a ampia variabilità di distribuzione in relazione<br />

alla diffusione), si da <strong>per</strong>mettere <strong>un</strong> adeguato disegno sia degli studi osservazionali che di<br />

intervento; d) le malattie cardiovascolari sono in buona parte prevenibili e le popolazioni lavorative,<br />

<strong>per</strong> le ragioni esposte al capitolo precedente, possono essere il “bersaglio” ideale dell’iniziativa<br />

preventiva.<br />

Le patologie cardiovascolari acquisite sono tipiche malattie da invecchiamento. In<br />

particolare lo è il processo patogenetico dell'aterosclerosi, che l'età accellera in diverso grado, a<br />

seconda della costituzione genetica. Quanto quest'ultima sia responsabile dell'infarto e dell'ictus<br />

cerebrale in rapporto alle abitudini di vita e ai fattori ambientale è materia solo in parte nota.<br />

La natura multifattoriale dell'etiologia della malattia coronarica suggerisce che numerosi<br />

geni, ciasc<strong>un</strong>o in forme multiple (alleli) con espressioni fenotipiche piccole o moderate, possano<br />

essere coinvolti nella definizione del rischio a livello di popolazione. Fin qui sono stati elencati 10<br />

disordini monogenici e decine di polimorfismi (varianti genetiche com<strong>un</strong>i) connessi con<br />

l'insorgenza di coronaropatia, in relazione a <strong>un</strong> aumento del rischio da accumulo di lipidi,<br />

alterazioni dei fattori della crescita, squilibri endocrini, aumento della velocità di coagulazione, dei<br />

valori della pressione arteriosa, della adesività molecolare e degli effetti citotossici sull'endotelio.<br />

Con l'eccezione delle espressioni omozigoti dei disordini monogenici, che essendo rare hanno <strong>un</strong><br />

limitato impatto <strong>sulla</strong> sanità pubblica, le relazioni tra costituzione genetica e malattia<br />

cardiovascolare non sono di tipo "deterministico", ma complicate o "sfumate" dai rapporti dei geni<br />

tra loro e dalle interazioni gene-ambiente. Si parla di "effetti dipendenti dal contesto" (2), che può<br />

avere <strong>un</strong> ruolo aggravante o protettivo. Risalgono agli anni cinquanta i primi studi <strong>sulla</strong><br />

associazione tra malattia ischemica e fattori "esterni", quali consumo di grassi, sale e fumo di<br />

sigaretta. Più recentemente è stata prestata attenzione ai meccanismi "interni" di risposta allo stress,<br />

in particolare alla mobilitazione endocrina di cortisolo e adrenalina, dissociati dalla prevista<br />

mobilitazione muscolare. Questi ormoni e neurotrasmettitori agiscono a loro volta sui fattori<br />

tradizionali menzionati aumentandone la concentrazione e la <strong>per</strong>icolosità.<br />

Così, la crescita delle conoscenze a riguardo delle componenti genetiche delle malattie<br />

cardiovascolari non svaluta affatto l'attenzione che deve essere prestata all'ambiente, app<strong>un</strong>to come<br />

"contesto", nel tempo, patogenetico. L'organizzazione del lavoro ha poi costituito <strong>un</strong> modello<br />

quanto mai efficace e rappresentativo delle caratteristiche della società, con riguardo alla cultura,<br />

agli stili di vita prevalenti, alle differenze di condizione economica e conseguentemente a tutti<br />

quegli effetti che possono essere ricondotti al fatto che l'uomo "consuma" la propria vita in <strong>un</strong><br />

continuo processo di adattamento.<br />

Il problema dell’adattamento è quanto mai discusso, a cominciare dalla domanda se esista<br />

<strong>un</strong>o stress cronico. Come si evince da quanto precedentemente esposto, la maggioranza degli autori<br />

comprende la “cronicità” dello stress come il risultato degli effetti prodotti da <strong>un</strong>a intensificazione<br />

di risposte acute a situazioni, che <strong>per</strong> quanto riguarda il lavoro concernono i suoi aspetti fisici e<br />

organizzativi. Tra i primi, in relazione alle malattie cardiovascolari, sono inclusi, anche se in termini<br />

non del tutto propri, la sedentarietà, la <strong>per</strong>icolosità, il rumore e il lavoro a turni (3).<br />

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