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CAPITOLO 3. Le attività lavorative associate a stress<br />
(Costa) Secondo <strong>un</strong>o dei modelli concettuali che in questi ultimi anni hanno riscosso maggior<br />
successo (anche se non esenti da critiche), e cioè quello di Karasek, Theorell e Johnson<br />
("Demand/Control/Support" model), è maggiormente probabile che alti livelli di stress, con<br />
conseguenti disturbi e malattie, si manifestino in quelle attività lavorative in cui vi siano elevate<br />
sollecitazioni psicologiche associate a scarsa possibilità decisionale e inadeguato supporto sia da<br />
parte del gruppo di lavoro che dal contesto sociale ("high strain job"). Al contrario, le mansioni che<br />
impongono elevati carichi psico-fisici, ma che consentono anche <strong>un</strong> alto potere decisionale e <strong>un</strong><br />
adeguato supporto sociale, sono maggiormente in grado di determinare <strong>un</strong> comportamento attivo,<br />
che stimola l'apprendimento, la motivazione e l'efficienza lavorativa, riducendo quindi gli effetti<br />
negativi dello stress (1, 2).<br />
In modo assai simile il modello interpretativo “Effort-Reward Imbalance” (ERI) proposto da<br />
Siegrist (3, 4), evidenzia come <strong>un</strong>a mancanza di reciprocità e congruenza tra gli «sforzi/costi»<br />
impegnati e le «compensazioni/guadagni» ricevuti possa determinare <strong>un</strong>o stato di sofferenza<br />
emozionale con conseguenti effetti negativi <strong>sulla</strong> salute. Ciò viene ulteriormente accentuato in<br />
condizioni di elevato impegno/investimento nel lavoro (“overcommitment”). Questo è vero<br />
specialmente se la poca compensazione è s<strong>per</strong>imentata in termini di bassa stabilità lavorativa,<br />
cambio forzato di mansione, mobilità tendente verso il basso, o mancanza di prospettive di carriera<br />
(basso controllo occupazionale).<br />
In base alla più recente indagine sulle condizioni di lavoro nell’Unione Europea, promossa<br />
dalla Fondazione Europea <strong>per</strong> il miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro (3rd EU<br />
Survey, 2000) lo stress lavorativo è stato indicato essere la prevalente condizione associata al<br />
deterioramento della salute dal 30% dei 21500 lavoratori intervistati, con maggiore prevalenza tra i<br />
colletti bianchi (36%) rispetto ai lavoratori manuali (23%).<br />
Ciò rappresenta <strong>un</strong> costo elevato sia in termini di salute che di riduzione della prestazione,<br />
sia come produttività che come servizio. Infatti, se da <strong>un</strong>a parte lo stress può provocare serie<br />
conseguenze sia <strong>sulla</strong> salute fisica che su quella mentale, d’altra parte altrettanto importanti sono le<br />
conseguenze in termini di ”sintomi lavorativi” quali: alti livelli di assenteismo e di turnover, scarsa<br />
adesione ed applicazione alle procedure di sicurezza, basso senso di appartenenza e spirito di<br />
gruppo, scarsa iniziativa e ridotta produttività (5-7).<br />
Vi sono inoltre da considerare le interrelazioni tra situazioni che la <strong>per</strong>sona deve affrontare<br />
durante e a causa della sua attività lavorativa e quelle che incontra quotidianamente in ambito extralavorativo;<br />
esse possono essere complesse, ma sostanzialmente di due tipi: sommazione di<br />
situazioni negative con sinergismo fra gli stressors, oppure compensazione del peso di fattori<br />
negativi (lavorativi e non) da parte di situazioni positive (lavorative e non).<br />
Sulla base delle considerazioni svolte qui e nel primo capitolo, è evidente che condizioni<br />
rischiose di stress si possono configurare in tutte le attività lavorative, purtuttavia è possibile<br />
individuare, <strong>sulla</strong> base di numerosi studi e indagini epidemiologiche condotte in questi ultimi<br />
decenni, alc<strong>un</strong>e condizioni/attività lavorative maggiormente in grado di determinare livelli elevati di<br />
stress sugli o<strong>per</strong>atori, che quindi risultano maggiormente esposti a tale fattore di rischio.<br />
Alc<strong>un</strong>i anni fa autorevoli studiosi inglesi (University of Manchester, 1987) hanno cercato di<br />
stilare <strong>un</strong>a classifica delle occupazioni maggiormente stressanti assegnando <strong>un</strong> p<strong>un</strong>teggio da 0 a 10.<br />
In base a tale studio le attività lavorative che su<strong>per</strong>avano il valore di 6 erano: Minatori (8.3), Agenti<br />
di polizia (7.7), Agenti di custodia carceraria (7.5), Lavoratori delle costruzioni (7.5), Piloti di aereo<br />
(7.5), Giornalisti (7.5), Dentisti (7.3), Attori (7.2), Medici (6.8), O<strong>per</strong>atori radio-televisivi (6.8),<br />
Infermieri (6.5), O<strong>per</strong>atori cinematografici (6.5), Vigili del fuoco (6.3), Addetti alle ambulanze<br />
(6.3), Musicisti (6.3), Insegnanti (6.2), Assistenti sociali (6.0), Gestori del <strong>per</strong>sonale (6.0).<br />
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