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Un parametro comportamentale della reattività fisiologica è il già citato Tipo A, su cui vale<br />

la pena soffermarsi e <strong>per</strong> il grande numero di studi che l'hanno preso in considerazione e <strong>per</strong> la loro<br />

storia, che è emblematica della fragilità e complessità di molte misure dello stress.<br />

La "<strong>per</strong>sonalità di Tipo A" è stata identificata negli anni sessanta, attraverso <strong>un</strong>o studio<br />

longitudinale denominato "Western Collaborative Group Study" (WCGS). Essa apparve come <strong>un</strong>a<br />

forma di predisposizione alla coronaropatia, caratterizzata da comportamenti aggressivi e<br />

competitivi scatenati da appropriate situazioni stimolo, tipiche delle condizioni di vita e di lavoro<br />

dei paesi occidentali. Negli anni settanta i risultati del WCGS vennero replicati da numerosi studi<br />

negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone. Il Tipo A sembrò aumentare da 1,6 a 2,9 volte la<br />

probabilità di insorgenza di evento coronarico, a seconda della popolazione indagata, dell'esito<br />

considerato (infarto miocardico o angina) e dello strumento di misura. Negli anni ottanta, tali<br />

risultati sono stati seriamente posti in dubbio da <strong>un</strong> importante studio prospettico, il "Multiple Risk<br />

Factor Intervention Trial" ("Mr. Fit") e da <strong>un</strong>a revisione della mortalità coronarica nella coorte<br />

originale del WCGS. Non è mai stata osservata inoltre alc<strong>un</strong>a relazione chiara tra Tipo A e fattori di<br />

rischio coronarico. Ora l'attenzione è spostata dal cosiddetto Tipo A "totale" alle sue componenti di<br />

ostilità. Tali componenti vengono oggi ritenute caratteristiche fondamentali del Tipo A e di<br />

<strong>per</strong>sonalità analoghe. Esse sembrano predittive dell'i<strong>per</strong>reattività fisiologica e più promettenti sia da<br />

<strong>un</strong> p<strong>un</strong>to di vista clinico che epidemiologico. Le rilevazioni del Tipo A e della ostilità vengono ora<br />

condotte attraverso l’utilizzo di scale parziali contenute negli inventari della <strong>per</strong>sonalità come la<br />

Ho-scale (scala dell’ostiltà) del MMPI (Minnesota Multiphasic Personalità Iinventory).<br />

Misure epidemiologiche<br />

Queste misure non sono tanto indicatori della intensità della reazione di stress quanto dei<br />

suoi effetti <strong>per</strong>manenti -malattie- o reversibili -disordini e fattori di rischio nelle popolazioni. Esse<br />

discendono, oltre che dalla teoria dello stress, dalla constatata differente distribuzione di morbosità<br />

e mortalità in relazione ai fattori psicosociali caratterizzanti la situazione di vita e di lavoro.<br />

I fattori di rischio nell'ambiente di lavoro sono ovviamente mischiati a quelli determinati<br />

dalle condizioni generali di vita. Le differenze di morbosità e mortalità tra le classi socio-occupazionali<br />

sembrano oggi rappresentare il differenziale socio-demografico più ampio (e in aumento?)<br />

nelle società avanzate e tra queste e quelle meno sviluppate. In corrispondenza con queste<br />

differenze, le condizioni di salute appaiono distribuite l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>a dimensione meglio-peggio.<br />

Coerentemente è stato osservato che la soddisfazione a riguardo del lavoro è <strong>un</strong>o dei migliori<br />

predittori di longevità.<br />

Indicatori epidemiologici di stress possono essere tutte quelle patologie e alterazioni cui si<br />

riconosce <strong>un</strong>a origine in qualche modo psicosomatica. Come mostrato al Cap. 2, in ordine di gravità<br />

e diffusione possono essere prese in considerazione: coronaropatie e i<strong>per</strong>tensione, gastroenteropatie,<br />

allergopatie, sintomatologie irritative e dolorose varie, anche non riferibili a quadri nosologici<br />

definiti. Ovviamente queste non sono le sole malattie che risentono di situazioni di stress: sono<br />

quelle maggiormente studiate soprattutto <strong>per</strong> la facilità a predisporre protocolli di indagine su vaste<br />

collettività. Già é stato rilevato nel capitolo precedente come le assenze <strong>per</strong> malattia siano <strong>un</strong>o degli<br />

indicatori più attendibili dello stress o disagio all'interno delle imprese. Gli stessi disordini mentali<br />

possono essere indicativi di disadattamento. Purtroppo la complessità e la difficoltà delle diagnosi<br />

ne rendono im<strong>per</strong>vio l'accertamento al di là delle possibilità offerte dagli strumenti di indagine della<br />

<strong>per</strong>sonalità citati in precedenza. E' da s<strong>per</strong>are che la messa a disposizione di manuali diagnostici,<br />

preparati anche con finalità statistiche, <strong>per</strong>metta la rilevazione anche epidemiologica di <strong>un</strong><br />

fenomeno – la malattia mentale – tanto poco definito quanto apparentemente in aumento nella<br />

società contemporanea.<br />

La catena etiologica, che lega lo stress lavorativo ai disordini sopra menzionati, può essere<br />

così sommariamente definita:<br />

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