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Nel caso in cui i fattori di rischio <strong>per</strong>tinenti non siano sicuramente presenti, non potendo<br />
procedere ad <strong>un</strong>a sorveglianza sanitaria obbligatoria, potrebbe essere presa in considerazione la<br />
fattibilità di <strong>un</strong>a “sorveglianza epidemiologica” volta a verificare, attraverso l’esame dei singoli<br />
lavoratori e la successiva analisi di gruppo dei risultati, l’effettiva presenza o meno del rischio,<br />
mediante <strong>valutazione</strong> epidemiologica dei risultati della sorveglianza sanitaria stessa.<br />
Nel caso di <strong>un</strong>a prevalenza significativa di indicatori di strain, la presenza di rischio verrà<br />
confermata e, quindi, valutata la presenza del rischio, la sorveglianza sanitaria si trasformerà in<br />
“obbligatoria” anche se secondo modalità, allo stato attuale delle conoscenze, non standardizzabili,<br />
in base alle scelte o<strong>per</strong>ative del singolo Medico Competente, motivate di volta in volta <strong>sulla</strong> base<br />
delle risultanze della stessa sorveglianza sanitaria e del profilo finale di rischio definito.<br />
E’ da evidenziare che tale approccio prevede da <strong>un</strong> lato la necessità della significatività del<br />
campione individuato e dall’altro il diritto del lavoratore di non sottoporsi ad <strong>un</strong>a sorveglianza<br />
sanitaria che, nel caso specifico, non è obbligatoria.<br />
Nel caso in cui gli indicatori di strain siano positivi solo in singoli lavoratori, tale evenienza<br />
non comporterà l’ammissione di <strong>un</strong> rischio da stress propriamente inteso, ma <strong>un</strong>a gestione specifica<br />
individuale, caso <strong>per</strong> caso, anche con la segnalazione al medico curante, <strong>per</strong> quanto di competenza.<br />
In <strong>un</strong> secondo caso (verosimilmente più diffuso nella pratica della Medicina del Lavoro)<br />
l’attività non figurerà fra quelle a rischio da stress presumibile a priori. In tale evenienza sarà<br />
fondamentale <strong>un</strong> approccio analitico della mansione mediante gli strumenti di <strong>valutazione</strong> oggettiva<br />
di cui sopra, con eventuale successiva implementazione, a fronte del riscontro di fattori significativi<br />
di rischio (tuttavia non codificabili, allo stato delle conoscenze, sul piano quantitativo), delle stesse<br />
procedure descritte in precedenza <strong>per</strong> le mansioni a rischio “noto” (si veda il Diagramma<br />
decisionale N. 1).<br />
b) La sorveglianza sanitaria<br />
Sono innanzi tutto da segnalare le difficoltà oggettivamente presenti nel proporre <strong>un</strong><br />
modello <strong>un</strong>ivoco di sorveglianza sanitaria <strong>per</strong> <strong>un</strong> fenomeno, come quello qui in discussione, del<br />
quale non sono a tutt’oggi ben definiti criteri standardizzati né <strong>per</strong> la <strong>valutazione</strong> del rischio né <strong>per</strong><br />
la misura degli effetti.<br />
Gli indicatori di effetto clinici di cui in letteratura si propone la raccolta, secondo vari<br />
schemi e aggregazioni (parametri di f<strong>un</strong>zionalità cardiovascolare e, ancor più, endocrina e<br />
metabolica) sono di <strong>per</strong> sé aspecifici. Una loro <strong>valutazione</strong> in rapporto al rischio da stress appare<br />
<strong>per</strong>tanto possibile solo su base epidemiologica in riferimento a gruppi di lavoratori, non in singoli<br />
soggetti.<br />
Né si può dimenticare che indicatori di effetto apparentemente più specifici (ad es.<br />
catecolamine o cortisolo) hanno al momento, a loro volta, <strong>un</strong> significato ancora confinato<br />
all’ambito della ricerca; sembra quindi inopport<strong>un</strong>o, allo stato attuale delle conoscenze, proporne<br />
l’inserimento in <strong>un</strong> programma routinario di sorveglianza sanitaria.<br />
Nell’ambito della sorveglianza sanitaria implementata a seguito della <strong>valutazione</strong> di<br />
presenza di rischio (secondo quanto esposto nel paragrafo precedente), o anche a fini di verifica<br />
dell’esistenza del rischio (v. Diagramma Decisionale N. 1), il Medico Competente dovrà verificare<br />
l’eventuale presenza di tre ordini di indicatori di effetto: 1) Indicatori Comportamentali; 2)<br />
Indicatori <strong>Org</strong>anici; 3) Indicatori di Disturbi Psichici.<br />
I primi due ordini di parametri sono derivabili da indagini cliniche ed anamnestiche di<br />
abituale e com<strong>un</strong>e impiego da parte del Medico del Lavoro. Nel Diagramma Decisionale N. 2<br />
della Figura 3 ne sono indicati alc<strong>un</strong>i, non esaustivi, a titolo esemplificativo. Una trattazione dei<br />
principali di tali fattori è presentata al Capitolo 4 di questo <strong>documento</strong>.<br />
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