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originano nel rapporto fra il singolo lavoratore e l’organizzazione in cui lavora (conflitto con<br />
su<strong>per</strong>iori, colleghi, divisione o <strong>un</strong>ità organizzativa, non condivisione dei valori aziendali, mancanza<br />
di com<strong>un</strong>icazione, responsabilità poco definite, ecc). Tali tipologie di intervento possono essere<br />
considerate all’interno della tipologia organizzativa, interessando com<strong>un</strong>que la dimensione<br />
dell’organizzazione del lavoro, l’interazione con l’ambiente e con il contesto lavorativo, l’utilizzo di<br />
particolari tecnologie (ergonomia). Sarà compito del <strong>per</strong>sonale interno e delle professionalità<br />
esterne es<strong>per</strong>te e necessariamente interpellate decidere quale tipo di intervento sia più adatto,<br />
considerando la fase in cui si trova l’organizzazione, la tipologia di lavoratori a cui il<br />
provvedimento si rivolge, le risorse e ai mezzi a disposizione, ecc.<br />
È ormai opinione condivisa (16) che <strong>per</strong> <strong>un</strong>’efficace gestione e prevenzione dello stress sul<br />
posto di lavoro è opport<strong>un</strong>o adottare <strong>un</strong> approccio olistico, che parta dall’organizzazione e miri ad<br />
intervenire non solo a livello di singolo lavoratore, ma che si concentri soprattutto <strong>sulla</strong><br />
progettazione (o ri-progettazione) del lavoro e della sua organizzazione (17-19).<br />
Tra le iniziative più diffuse di prevenzione e gestione dello stress troviamo: monitoraggio<br />
del clima organizzativo e della <strong>per</strong>cezione dei lavoratori; formazione <strong>per</strong> top e middle management;<br />
costituzione di gruppi tematici “misti”; design del lavoro e dell’organizzazione in ottica<br />
ergonomica; consultorio specialistico interno (<strong>per</strong> approfondimenti vedere Appendice).<br />
L’approccio olistico, che prevede <strong>un</strong> intervento allargato sull’organizzazione <strong>per</strong> ridurre lo<br />
stress, è sicuramente più efficace (20-22) <strong>per</strong> diversi motivi: hanno risultati più significativi e stabili<br />
nel tempo, dal momento che p<strong>un</strong>tano all’individuazione degli stressor sul posto di lavoro.<br />
Inquadrano in altre parole il problema stress da <strong>un</strong>a prospettiva più ampia (non è <strong>un</strong> problema<br />
esclusivo del singolo lavoratore) e cercano di avviare iniziative di organizational change <strong>per</strong><br />
arrivare alle cause profonde del malessere. Come è facile immaginare, gli interventi organizzativi<br />
sono poco diffusi ancora nelle realtà sia pubbliche che provate, proprio <strong>per</strong> l’impegno che<br />
richiedono a livello di struttura organizzativa vera e propria (23). Questo approccio, infatti, si<br />
sostanzia spesso in progetti alquanto intrusivi <strong>per</strong> l’organizzazione stessa, progetti che richiedono<br />
<strong>un</strong> investimento notevole (in risorse umane, economiche, temporali) di tutti gli attori coinvolti dal<br />
cambiamento organizzativo. Ancora, proprio <strong>per</strong> il carattere di “novità” che spesso tali iniziative<br />
presentano, esse possono essere ostacolate in vario modo all’interno dell’organizzazione <strong>per</strong> la<br />
tendenza naturale di molte organizzazioni a preservare lo status quo, rifiutando i cambiamenti. Da<br />
ultimo, a fronte di <strong>un</strong> impegno economico spesso notevole, non esistono ad oggi strumenti <strong>per</strong><br />
valutare con attendibilità e precisione gli effetti e i risultati di progetti organizzativi <strong>per</strong> la riduzione<br />
dello stress sul posto di lavoro.<br />
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