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Scarica l'Allegato - Associazione Italiana Sommelier

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DisciplinariMa al di là delle questioni d’immagine, lei ritiene che autorizzarel’aggiunta di Cabernet Sauvignon e di Merlot avrebbe effettipositivi sulle qualità organolettiche del Brunello?Sono convinto invece che sarebbe un’enorme sciocchezza perché glifarebbe perdere la sua originalità, avviandolo verso l’omologazione. Ese lo si facesse oggi si sceglierebbe anche il momento più sbagliato. Ladomanda globale di vino infatti sta cominciando a cambiare, in particolarenel mercato degli Stati Uniti, il più importante per l’export italiano:i consumatori si stanno stancando dei vini ricavati da CabernetSauvignon e Chardonnay, troppo simili l’uno all’altro, e cercano emozionidiverse, cominciando ad apprezzare i vini non soltanto per la varietàd’uva da cui sono ricavati ma anche per il territorio da cui hannopreso vita. Però oltre alla sicurezza alimentare essi pretendono trasparenzae certezza dell’origine di ciò che hanno acquistato.Il vino italiano soddisfa già quest’esigenza, no? Docg non significaproprio denominazione d’origine controllata e garantita?Verissimo, ma io mi domando ugualmente: è proprio così? L’origine èdavvero controllata e garantita? La certificazione è fornita da commissionidi degustazione, ma queste evidentemente non sono infallibili,altrimenti la Procura di Siena non avrebbe potuto accusare cinqueproduttori di non aver rispettato il disciplinare di produzione del Brunello.Ma il peggio è che i controlli a monte sono soltanto cartacei. In Italia,del resto, la tracciabilità ipotizzata finora permette di risalire la filierafino al produttore. E’ lui, perciò, che garantisce il rispetto delle regole:quali sono le varietà d’uva, qual è il vigneto d’origine, quali pratichedi cantina sono state adottate. Ma che tracciabilità è? Ve lo immaginateun produttore che ammette d’aver taroccato il suo vino? I consumatorihanno tutto il diritto di pretendere invece garanzie obiettive basatesulla scientificità delle analisi.Ma esistono controlli scientifici in grado di accertare quali varietàdi uve sono state utilizzate nella produzione di un vino?Certo che esistono! I burocrati fanno di tutto per non applicare la scienzaanalitica nei controlli, ma l’Ispettorato centrale per il controllo dellaqualità, quello che una volta si chiamava repressione frodi, si sta attrezzandocon strumenti e metodi di controllo varietale molto sofisticati,come la ricerca del Dna nei vini bianchi e la riconoscibilità delle purezzevarietali nei rossi. Era da tempo, del resto, che si intuiva la necessitàdi bloccare il diffondersi di un pericoloso atteggiamento d’insofferenzaverso i disciplinari di produzione. E’ da sperare che l’attuale scossoneprovocato dalle indagini della magistratura abbia fatto capire chenon si può prendere in giro il consumatore: meglio uscire dalle Doc edalle Docg piuttosto che violarne le norme sotto banco.Lei sostiene però che se l’Italia vuol mantenere un’alta immaginedei suoi vini diventa prioritaria la certificazione della loro provenienzageografica. Quali garanzie può offrire al consumatore?La certificazione dell’origine è importante per trasferire un’immagine dicontinuità dal territorio al prodotto: riguarda una modesta percentualedi vini, è vero, ma sono quei vini di fascia alta la cui presenza sul mercatoha effetto trainante per tutto il comparto. Certo, gli strumenti in gradodi effettuare analisi talmente approfondite da scoprire se i rapporti traprofumi e colori sono davvero quelli determinati dal luogo di nascita delvino in esame sono attrezzature che costano, e costosi sono anche i tecniciin grado di servirsene. Ma sono strumenti che esistono già.Per esempio?Per esempio, il metodo che si basa sulla ricerca degli elementi mineralidel suolo, come i lantanidi, i metalli pesanti e i loro isotopi, consente diindividuare una vera e propria impronta digitale che dal terreno si ètrasferita prima alla vite, poi al grappolo e infine al vino. Una cosa è certa:il territorio imprime una matrice precisa all’uva: basta cercarla. E questa,per me, è la tracciabilità vera, quella che, certificando l’identità delvino, difende il consumatore ma difende anche il prodotto e chi lo fa.26

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