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Maurizio MaestrelliBirra di qualitàUn vichingoin terra d’AbruzzoMolti della nostra generazione, parlo di noi quarantenni,hanno avuto a che fare, da ragazzini,con un gioco didattico chiamato “Il piccolochimico”. La maggior parte ha poi abbandonato lealchimie per dedicarsi ad altro, qualcuno invece è propriodiventato un chimico di professione, ma qualcunaltro ha invece “girato” la sua passione per i “magici”intrugli e le loro reazioni, nell’alchimia che più aggradail popolo dei gourmet: ovvero quella naturale delcibo, del vino e della birra. Juriy Ferri appartiene all’elettaschiera.È un birraio della seconda generazione, come ama definirsi,ossia arrivato dopo la prima schiera dei pionieri,da Teo Musso ad Agostino Arioli, e qualche anno inanticipo rispetto alla moda esplosa circa due anni fa.Quella che ha effettivamente portato alla ribalta il mondodella birra artigianale italiana. Questo dunque lo proteggedal sospetto di essere salito sul carro del vincitoree di essersi dedicato alla birra solo per l’intuizionedel business. «L’Abruzzo è una regione un po’ isolata»,racconta Juriy, «e quando ho iniziato a fare le primebirre in casa, non avevo mai assaggiato per dire unabirra belga e nemmeno sapevo che cosa fosse il Baladindi Piozzo».Juriy ha alle spalle studi di chimica e una passione veraper la chimica delle fermentazioni, ma soprattutto avevasuo nonno. Padre abruzzese e mamma svedese, il nonnomaterno di Juriy ha tutte le caratteristiche di un personaggioda romanzo di Conrad. Imbarcatosi su unanave come mozzo ne diventa dopo anni di gavetta il vicecomandante,poi in Francia studia da chef e concludela sua carriera nelle vesti di capo maitre del celeberrimoMoulin Rouge di Parigi. «Credo sia stato mio nonno,attraverso mia madre, a trasferirmi una sorta di “malattiagenetica”», prosegue Juriy. «Mi sono appassionatopresto alle alchimie, alle composizioni e ai profumi delcibo e del vino. Poi è scoppiata questa mania per la birra,alla quale mi sono dedicato prima in versione casalinga,poi con il mio birrificio».Se in casa il giovane “abruzzo-svedese” faceva weizena ripetizione, «ogni volta cercavamo di perfezionarla,anche se alla fine la cosa ci ha un po’ stufato», nel 2003apriva i battenti l’Almond ’22 (a Pescara, in via Colle diMezzo, 25; website: www.birraalmond.com). Niente weizenallora, ma birre da subito originali e dal profilo moltocaratterizzato e personale. «Credo di aver portato moltodell’arte di cucinare e di fare il vino, nella mia produzionebirraria. È stato divertente scoprire che in tanti,tra quelli che assaggiavano le mie prime birre, mi dicevanoche ero di “scuola belga”, quando io ancora nonavevo mai provato delle birre belghe». Ma il percorsopersonale di Juriy Ferri andava verso la complessitàfinale della birra, il range di profumi e di sensazioni, iltentativo, riuscito, di non dare vita a birre banali e semplicementeda mandare giù, ma di andare oltre. Non acaso uno dei suoi punti di riferimento non è un cele-74

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