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Musei gastronomiciLetizia Magnaniti dall’uomo. Tutti i forni risalgono ai primi decenni del1800, come testimoniano le pietre con le quali sonocostruiti, e sono di proprietà della stessa famiglia diagricoltori, pastori e boscaioli da almeno tre o quattrogenerazioni. Tutti i borghi avevano il proprio forno. Piùcase assieme da queste parti costituivano dei borghi enel borgo si faceva il pane. Il forno, generalmente addossatoa una dependance della casa rurale o alla casastessa, serviva contemporaneamente più nuclei famigliari.Vagando per la campagna e fermandosi ad osservare,si nota che prevalgono le somiglianze: tutti i forni sonocostituiti dalla camera di cottura, in mattone, mentreil manufatto esterno è fatto di materiale lapideo comeil calcare marnoso. Il forno rappresentava il bene deiquei borghi, che basavano l’economia domestica sullacottura del pane. Arte che, da queste parti, era trasmessadi generazione in generazione. Solo pochi erano introdottiai segreti della panificazione, che richiedeva tempo,pazienza e tecnica, costoro in genere erano gli unicicapaci di utilizzare i forni. La panificazione, da sempre(e non solo in questa campagna) rappresenta unmomento di aggregazione insostituibile, un’occasioned’incontro tra i vari nuclei familiari che si servivanonello stesso forno. Erano soprattutto i bambini a goderedi questo momento, plasmando in forme particolarii filoni.Venivano addirittura prodotti dei biscottini che servivanoda paghetta per convincere i bambini a partire peril pascolo. Non stupisce, quindi, che al pane siano legatemille storie, ma anche tanti luoghi comuni. In questianni, nel quale il lavoro è soprattutto la fatica deicampi, sono due gli alimenti più diffusi, il vino e, appunto,il pane. E così la mattina presto gli uomini andavanoin campagna, portando con sé, nella sacca un fiascodi vino, che serviva come alimento, perché, grazieagli zuccheri, dava energia, un pezzo di formaggio e unaforma di pane. Oggi tutto questo non c’è più, ma ilmuseo diffuso del pane sta lì, immobile, ad accogliereturisti e curiosi, a testimoniare di una civiltà, dei suoitempi e riti, ma soprattutto ad emanare un odore di fragranzae di originalità tutta italiana. (Info: 0541.920012,www.comune.maiolo.pu.it)■■■ Sardegna: quando il pane è ritoIl pane, dunque, è una costante popolare che attraversaL’Italia e che assume forme e sapori diversi. Il nostroviaggio prosegue e ci porta fino in Sardegna, dove sorgeun terzo importante museo dedicato, quello del PaneRituale di Borore (in provincia di Nuoro).Nato con l’intento chiaro di valorizzare il patrimoniorituale e tradizionale dei sapori sardi e in particolaredel pane di questo continente in miniatura, il museo èvisitabile dal 2006 e da allora ogni anno si è arricchitodi nuove forme. Sono oltre 300 quelle attualmentein mostra.Anche qui, come altrove, si parte dagli strumenti dilavoro, così è possibile vedere gli attrezzi per il lavorodei campi, per la lavorazione del grano e della farinacon cui un tempo, ma in molti Paesi ancora oggi, si producevail pane in casa. Poi l’attenzione si sposta daigesti umani, per raccogliere le materie prime e per farematerialmente il pane, al prodotto.Nella Sala “dei pani quotidiani” sono esposte le produzionidi consumo quotidiano diffuse in Sardegna, lequali, pur non avendo il rilievo rituale e simbolico delpane delle feste, assumono importanza primaria per laloro posizione centrale nella dieta di tutti i giorni.Dall’ordinario si passa allo straordinario e così, nellaSala “dei pani del ciclo della vita” si incontrano i veriprotagonisti di questo originale museo: ovvero i panirituali. Da queste parti ogni momento importante dellavita, come la nascita, il matrimonio o la morte, è scanditoda un proprio pane.E così il gesto umano, l’alimento quotidiano, diventasimbolo e poi rito e segna in maniera materiale il ciclodella vita, ma anche quello del tempo. E’ quanto si imparaentrando nella Sala “dei pani del ciclo dell’anno”. Perscandire il tempo la creatività degli uomini e delle donnesi è inventata un pane diverso per ogni periodo dell’annoagrario.Certo, per noi abituati a comprare di fretta il primopezzo di pane che ci capita al supermercato, non ci sonomolte differenze, se non gustative, tra una michetta eun baguette, ma da queste parti il tempo e il pane sonodue cose importanti e per le cose importanti ci sono ritie gesti che li evidenziano, li esaltano, li fissano nellamemoria. Così il Capodanno (che coincide in campagnacon il periodo della semina) ha un suo pane rituale,lo stesso avviene per il periodo della trebbiatura, maanche per le feste patronali.Per chi è sempre di corsa e mangia un boccone al volocome e dove capita questo museo può essere una verascoperta, ma lo è anche per chi è un profondo conoscitoredel cibo e del vino, perché racconta, in manieraagile, di un tempo e di un luogo nel quale il pane erauna cosa seria. L’ingresso costa da 1 a 2,5 euro. (Info:0785.879003, museodelpanerituale@tiscali.it)54

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