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Il fratello di Silone

Si sa che Silone, durante la sua vita, avrebbe voluto scrivere un libro sulla tragica vicenda del fratello Romolo e che non poté però realizzare il suo desiderio, forse perché non era riuscito a trovare i documenti necessari per la redazione del suo racconto. I documenti sulla tragica vicenda di Romolo sono ora custoditi presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma ed è su di essi che si basa la ricostruzione dei fatti che portarono alla sua morte, dovuta alla dura repressione del regime fascista.

Si sa che Silone, durante la sua vita, avrebbe voluto scrivere un libro sulla tragica vicenda del fratello Romolo e che non poté però realizzare il suo desiderio, forse perché non era riuscito a trovare i documenti necessari per la redazione del suo racconto.
I documenti sulla tragica vicenda di Romolo sono ora custoditi presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma ed è su di essi che si basa la ricostruzione dei fatti che portarono alla sua morte, dovuta alla dura repressione del regime fascista.

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c) che la confezione della mina era dovuta a persona capace, se

non addirittura competente, in materia di esplosivi, di elettricità,

di orologeria;

d) che alla confezione stessa dovettero concorrere più persone, non

essendo probabile che in una sola si trovassero raccolte le sopraddette

svariate attitudini occorrenti;

e) che alcune parti dell'ordigno (detonatori, cartucce di dinamite,

sottilissimo filo di platino avvolto a spirale per l'innesto elettrico)

dimostravano probabile provenienza straniera. Che non v'ha dubbio

che i tre crimini sopra elencati costituissero la manifestazione

di un programma terroristico diabolicamente concepito, tenacemente

perseguito, ferocemente raggiunto, per fortuna, solo in parte.

L'ambiente in cui l'opera si svolse, i punti presi di mira, i giorni e

le ore fissati per lo scoppio, sono elementi che escludono ogni e-

quivoco sulle finalità immediate propostesi dai dinamitardi: colpire

la Sacra Persona del Re nell’atto in cui il 12 aprile si accingeva a

glorificare, dinanzi alla Nazione ed al mondo intero, il lavoro del

popolo italiano; colpire la Sacra Persona del Primo Ministro

nell'atto in cui, adempiendo il suo dovere di Capo del Governo e

Duce del fascismo, si sarebbe dovuto trasferire da Milano a Piacenza

(per dove infatti partì alle ore 14 del giorno 9 medesimo a-

prile in cui ebbe luogo la scoperta della mina presso il binario di

corsa del suo treno); seminare la strage tra gli astanti nell’una e

nell'altra circostanza; gettare lo spavento ed il disordine tra le

masse; colpire la Nazione nel fervore di opera e di fede che la unisce

con rinnovata energia; attestare al mondo la vitalità della delinquenza

internazionale. Che non potevasi inoltre dai dinamitardi

sperare che il popolo d’Italia si arrestasse nella via intrapresa,

qualunque fossero state per essere le più nefande conseguenze dei

crimini, i quali, in sostanza, ad altro non servirono, a ferocia crescente,

che a dimostrare l'inutilità di essi e la infondatezza delle

parricide speranze.

Agli attentati, molteplici denunce seguirono, a dimostrare il febbrile

interessamento dell'Autorità politica per la scoperta dei rei,

nel mentre, dal canto suo, l'Ufficio di Istruzione del Tribunale

Speciale procedeva agli accertamenti generici; ma se è tuttora da

attendersi che le indagini concretino nella loro pienezza la scoperta

della diabolica trama, le cui file si stendono oltre i confini della

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