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Il fratello di Silone

Si sa che Silone, durante la sua vita, avrebbe voluto scrivere un libro sulla tragica vicenda del fratello Romolo e che non poté però realizzare il suo desiderio, forse perché non era riuscito a trovare i documenti necessari per la redazione del suo racconto. I documenti sulla tragica vicenda di Romolo sono ora custoditi presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma ed è su di essi che si basa la ricostruzione dei fatti che portarono alla sua morte, dovuta alla dura repressione del regime fascista.

Si sa che Silone, durante la sua vita, avrebbe voluto scrivere un libro sulla tragica vicenda del fratello Romolo e che non poté però realizzare il suo desiderio, forse perché non era riuscito a trovare i documenti necessari per la redazione del suo racconto.
I documenti sulla tragica vicenda di Romolo sono ora custoditi presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma ed è su di essi che si basa la ricostruzione dei fatti che portarono alla sua morte, dovuta alla dura repressione del regime fascista.

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no del 1927, contemporaneamente alla creazione degli uffici di investigazione

politica della Milizia fascista e nell'ordinario gergo

poliziesco è chiamata “ufficio speciale per la lotta contro il comunismo”.

Questo ufficio ha sede a Roma, ma il suo principale terreno

d'azione è l'Italia del Nord, dove possiede delle sedi segrete nei

centri secondari della Lombardia. L'ufficio, non costituendo un'istanza

legale dell’ordinamento burocratico della polizia, non ha

nessun collegamento con le questure locali e risponde del suo operato

direttamente al Duce. L'installazione tecnica delle macchine

di tortura nelle questure del regno è stata una iniziativa di questo

ufficio. La uccisione di Gastone Sozzi, di Pirola, di Sanvito, di Ruota,

di Carlo Riva, è stata opera dei sicari di questo ufficio. L'opera

di questo ufficio si estende all'estero. La banda Serracchioli è a sua

diretta disposizione. Il comm. Pacenza, che ha avuto un ruolo particolare

nella preparazione dell'attentato contro il re, è stato segretario

del consolato italiano di Lugano e si reca spesso a Parigi.

7. – Dopo un mese dall'arresto, i sei antifascisti imputati per l'attentato

di Milano si trovano ancora a disposizione dell'Ufficio speciale.

Cinque degli imputati, in gravi condizioni di salute a causa delle torture

subite, si trovano ancora nelle guardine della polizia di Milano.

Uno di essi ha dovuto essere trasportato nell'infermeria del carcere.

La sola prova che la polizia è riuscita a stabilire a carico di essi è

che sono antifascisti simpatizzanti con le idee comuniste. Tutti gli

imputati hanno infatti provata la impossibilità della loro partecipazione

all'attentato. Dai loro amici e parenti noi abbiamo ricevuto

comunicazione dei loro alibi, che non ammettono contestazioni.

L’imputato VACCHIERI ad esempio ha provato che dal giorno 9 al

15 Aprile si trovava all'estero. L’imputato Tranquilli ha provato

che nei giorni precedenti e nel giorno dell’attentato egli era in Liguria.

Così si dica degli altri.

In un processo normale l'innocenza assoluta dei sei imputati

s’imporrebbe senza lasciar dubbi di sorta.

La necessità di una istruttoria regolare

Malgrado la gravità degli elementi da noi raccolti a carico di alcuni

capi della polizia fascista e a discarico dei sei imputati, noi ci rifiutiamo

di esprimere un giudizio definitivo.

Noi non siamo dei giudici. Noi non vogliamo sostituirci alla magistratura

ordinaria italiana. Noi, privati, abbiamo preso posizione

soltanto contro il Tribunale Speciale, che è un tribunale di parte,

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