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Una favola da grandi
di Laura Fornaroli
Nel bosco delle querce dormienti, il Gran Maestro delle selve produttive stava riordinando la sua scrivania in attesa di ricevere a
privato colloquio il Consigliere del sottobosco per il consueto bilancio annuale. Essendo ormai al suo novantanovesimo mandato, era
consapevole che la puntualità non fosse tra le virtù proprie di un Elfo silvano, in particolare quando i suoi spostamenti dipendevano dal
servizio di trasporto locale, gestito da indolenti Gnomi Barbuti, più intenti a far legna per l’inverno che ad ottimizzare le risorse. Afferrò
quindi la sua panciuta clessidra, la girò in un gesto deciso e, quasi compiaciuto per quella inefficiente rappresentazione, principiò ad
osservare la sabbia che scorreva attraverso lo stretto foro.
Era infatti opinione diffusa che gli Elfi fossero creature capricciose per naturale inclinazione e che, seppur investiti di significative
responsabilità all’interno del microcosmo silvestre, tendessero a non curarsi granché degli aspetti formali e si attivassero soltanto se
costantemente richiamati all’ordine da un’autorità gerarchicamente superiore. Lui lo sapeva bene, essendo un Leprecauno di millenaria
esperienza ed avendo da sempre rivestito incarichi di altissima dirigenza, che ben si accordavano con l’ indole autoritaria e con la
maniacale propensione all’accumulo di ricchezze di tali esseri fatati.
sentenziò seccato. .
Ciò detto, anche in considerazione del fatto che la sua posizione lo legittimava a far seguire un’azione sanzionatoria a fronte di un atto di
potenziale insubordinazione all’ ordine costituito, estrasse dall’ultimo cassetto della scrivania in superba radica un pennino d’ argento,
lo infilò in una variopinta piuma di pappagallo sudamericano e lo intinse minuziosamente nel raffinatissimo calamaio. Predispose i
timbri ufficiali, prese una candela ed un pezzetto di ceralacca rossa e distese infine con cura un foglio di carta pecudina. Ma nel preciso
momento in cui si accinse a dare forma al suo ultrapedagogico proposito, fu giustappunto interrotto dal suono dei passi dell’atteso
visitatore, ormai prossimo all’uscio di quella riparata ed insolitamente silenziosa sede istituzionale.
disse in tono perentorio, senza che quello avesse avuto neppure il tempo di sfiorare le campanelle a vento che
di norma annunciavano la presenza di un ospite.
Il minuscolo funzionario entrò, si levò il cappello di feltro marrone e iniziò a pizzicarsi nervosamente la punta delle lunghe orecchie.
Venne fatto accomodare su una moderna poltroncina di giunchi - dono del Folletto agreste, segretario di legazione della radura, il quale
aveva recentemente presentato un’apprezzata relazione sull’andamento del censimento dei licheni - ed attese con ansia la concessione
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