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mi sembrò di sentire qualcosa, nell’aria. Non so bene dirti cosa: un ronzio, una musica lontana…»<br />
«Papi, è chiarissimo: era <strong>il</strong> suo fantasma!»<br />
«Un fantasma, un angelo o solo una fantasia. Non so bene che cos’era, però tutte le notti che passavo lì, aspettavo con ansia <strong>il</strong> momento<br />
del clac, del rumore della scala mob<strong>il</strong>e che partiva da sola. E allora mi avvic<strong>in</strong>avo e stavo lì, <strong>in</strong> s<strong>il</strong>enzio. Sentivo sempre quel ronzio<br />
lontano e provavo la sensazione che stesse accadendo qualcosa. E poi sentivo un odore strano, <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ib<strong>il</strong>e. Provai anche a fargli delle<br />
domande, ma lui non rispondeva mai…»<br />
«E certo, papi: i fantasmi mica se ne vanno <strong>in</strong> giro a chiacchierare come se nulla fosse!»<br />
«Hai ragione! Poi feci anche qualche ricerca sull’operaio e scoprii che era stato fulm<strong>in</strong>ato da un f<strong>il</strong>o elettrico rimasto chissà perché<br />
scoperto. Aveva la mia stessa età, e anche una moglie e un bamb<strong>in</strong>o piccolo. Ci fu anche un processo, ma…»<br />
«Papi, che cos’è un professo?»<br />
«Processo. E’ tutta una cosa <strong>in</strong> cui… Vabbè, non importa. Il concetto però è che la colpa di quello che era successo non se la prese<br />
nessuno. Misero solo una piccola targa di metallo e tante grazie».<br />
«Ma perché se si dice tante grazie, poi non si dice molti prego?»<br />
«Ma che c’entra? Comunque, dopo un po’, mi cambiarono sede e orario di lavoro. Così tornai a lavorare di giorno e a dormire a casa».<br />
«E così arrivai io!»<br />
«Be’, quasi. Stavi nella pancia della mamma, quando successe quest’altra cosa. Uno dei colleghi del gruppo andava <strong>in</strong> pensione e così<br />
ci ritrovammo tutti <strong>in</strong> un bar a festeggiare. Simpatizzammo parecchio e così lui mi raccontò una storia. Era successo <strong>il</strong> mese prima,<br />
sempre a Garibaldi, ma questa volta alla stazione ferroviaria. Una matt<strong>in</strong>a prima delle c<strong>in</strong>que, guardando <strong>in</strong> uno dei monitor, aveva<br />
visto una donna e un bamb<strong>in</strong>o <strong>in</strong> attesa sulla banch<strong>in</strong>a. Era stranissimo, perché a quell’ora la stazione era ancora chiusa al pubblico.<br />
Da dove potevano essere arrivati? Il collega li guardò bene nello schermo <strong>in</strong> bianco e nero: lei era giovane e car<strong>in</strong>a, con i capelli raccolti<br />
e <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o era sui c<strong>in</strong>que anni. L’altra cosa strana era che avevano abiti estivi, anche se si era a metà novembre. Così <strong>il</strong> collega si<br />
preoccupò che potessero avere freddo e poi avvisò <strong>il</strong> collega che stava facendo l’ispezione: “V<strong>in</strong>icio, sulla banch<strong>in</strong>a del terzo b<strong>in</strong>ario ci<br />
sono una donna e un bamb<strong>in</strong>o: vai a vedere”».<br />
«Questa è la mia parte preferita: mi si cappona la pelle!»<br />
«Il collega cont<strong>in</strong>uava a guardare <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o e la donna nel monitor, per mano, come se stessero aspettando qualcuno. Poi ha visto<br />
arrivare V<strong>in</strong>icio, che camm<strong>in</strong>ava verso di loro, ma sembrava che non li vedesse. E poi ci è passato attraverso».<br />
«Com’è possib<strong>il</strong>e?»<br />
«Proprio così mi ha detto lui: “Cascassi fulm<strong>in</strong>ato se non dico la verità: V<strong>in</strong>icio è passato attraverso a quei due e poi è arrivato f<strong>in</strong> sotto<br />
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