alla telecamera e mi ha fatto segno che non c’era nessuno”. La storia a me sembrò parecchio strana e cont<strong>in</strong>uai a discuterne con <strong>il</strong> collega. Cercavo una spiegazione logica, che però non mi veniva <strong>in</strong> mente. Alla f<strong>in</strong>e, per curiosità, mi feci descrivere la mamma e <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o e li disegnai sul retro di un menu del locale. Lo sai che <strong>il</strong> papà è bravo a disegnare…» «Sì, ma io sono più bravo!» «Ma Certo! Qualche giorno dopo, mi chiesero di tornare per un paio di settimane alla stazione Garibaldi. “Farò gli auguri al mio fantasma preferito!” dissi a tua madre, ma lei mi sgridò, dicendomi che con queste cose non si scherza. La prima notte la passai con l’orecchio teso, f<strong>in</strong>ché non sentii clac. A quel punto, mi avvic<strong>in</strong>ai alla scala mob<strong>il</strong>e. C’era solo s<strong>il</strong>enzio, ma io avevo voglia di parlare e gli raccontai di me, di tua mamma, del bamb<strong>in</strong>o <strong>in</strong> arrivo…» «Che poi sarei io!» «Infatti. Gli dissi che era diffic<strong>il</strong>e andare avanti, di M<strong>il</strong>ano, dei soldi che non bastano mai e di Natale <strong>in</strong> arrivo. Alla parola Natale, la scala ripartì. In quel preciso istante sentii l’odore fam<strong>il</strong>iare, adesso più forte. E capii f<strong>in</strong>almente che cos’era: carne bruciata. E così immag<strong>in</strong>ai quel ragazzo folgorato mentre faceva <strong>il</strong> suo lavoro. Potevo esserci io, al suo posto. Poteva capitare a chiunque. E <strong>in</strong> quel momento decisi». «Che cosa, papi?» «Decisi che sarei andato a trovare la sua famiglia, almeno per dire che mi dispiaceva…» «E che lui era diventato un fantasma…» «No, quello come facevo a dirlo?» «Così: “Lui adesso è un fantasma!”» «Non è tanto fac<strong>il</strong>e. E anche tua madre era contraria. “Che cosa ci vai a fare, da quei poveretti?” mi diceva. Ma alla f<strong>in</strong>e si conv<strong>in</strong>se e mi mise anche <strong>in</strong> mano un vassoio di dolci fatti da lei. Avevo telefonato prima, alla moglie, dicendo che ero un collega, così lei mi aspettava. Suonai timidamente, lei mi aprì quasi subito. Aveva per mano <strong>il</strong> suo bamb<strong>in</strong>o. Io rimasi a bocca aperta e…» «Anche <strong>in</strong> questo punto mi si cappona la pelle!» «Insomma, era come avere di fronte l’identikit che avevo disegnato: a parte i vestiti, erano identici alle due figure viste sulla banch<strong>in</strong>a della stazione. E così mi resi conto che <strong>il</strong> mio collega era mor… ehm, volato <strong>in</strong> cielo…» «Papà: morto!» «Già, <strong>in</strong>somma, era morto ad agosto, quando a M<strong>il</strong>ano fa tanto caldo, quando si <strong>in</strong>dossano vestiti leggeri. E con quei vestiti loro due erano tornati a cercarlo, sulla banch<strong>in</strong>a. Ora però si era <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno, con <strong>il</strong> Natale alle porte. Detti i dolci alla signora e riuscii a dire solo “auguri”. Poi <strong>in</strong>crociai lo sguardo del bamb<strong>in</strong>o. Feci per accarezzargli la testa, ma non ci riuscii. Scappai via». 70
«Ed è per questo che mi avete chiamato Angelo?» «Sì, è proprio per questo, tesoro mio». Ispirato a una storia vera. O a una leggenda metropolitana molto conv<strong>in</strong>cente. 71
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Un giorno qualcuno lasciò sulla po
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Mila e i lamponi di Francesca Zazze
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Re Ben Fatto e Carolina di Stefania
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...ma il suo migliore amico era Spo
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«Aiuto! Aiutatemi!» grida aggrapp