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di elitarismo. Si disse che non concepivano il formarsi nelle profonde pieghe<br />

<strong>della</strong> società di organismi e partiti necessariamente differenziati e specifici,<br />

che richiedevano separazioni da una parte e fronti compositi dall'altra.<br />

Noi abbiamo sempre resp<strong>in</strong>to l'abb<strong>in</strong>amento calunnioso fra elitarismo e<br />

rigore teoretico, conseguente coerenza tattica e rifiuto delle teorie quantitativistiche<br />

del partito. Il quale è una funzione dei rapporti reali fra le classi<br />

nell'ambito dello sviluppo economico-sociale e non il prodotto di "decisioni"<br />

di eroi carlyliani. Sappiamo che il proletariato non potrà dare l'assalto a<br />

questa società se non avrà sviluppato il suo organo-partito. Ma non diteci<br />

che sarà un partito qualunque, come quelli funzionali alla lotta politica entro<br />

questa società. Chiamatela élite, se volete, ma il partito <strong>della</strong> società futura<br />

è un ente reale che rappresenta un qualcosa di più rispetto a una organizzazione<br />

di uom<strong>in</strong>i.<br />

Quando è possibile il sorgere e lo svilupparsi del partito che da ente storico<br />

trascende a organizzazione formale? E quanto esteso dev'essere con le<br />

sue radici nella classe? Diecimila, centomila, un milione di militanti? Sbaglia<br />

chi cerca una risposta aritmetica a queste domande. La risposta è nel<br />

lavoro preparato dai compagni francesi che ho citato prima. E poi: ammesso<br />

e non concesso che ci fosse nel variegato ambiente marxista una dottr<strong>in</strong>a<br />

<strong>in</strong>terpretativa elitaria <strong>della</strong> storia, non sarebbe forse meno cret<strong>in</strong>a del volgare<br />

democratismo liberale?<br />

Una teoria volontaristica dell'offensiva è una sciocchezza, ma quando<br />

condizioni materiali portano dec<strong>in</strong>e di migliaia di proletari a scendere <strong>in</strong><br />

lotta armati come <strong>in</strong> Germania è crim<strong>in</strong>ale accusarli di putchismo, accusare<br />

i loro capi di avere una concezione elitaria <strong>della</strong> rivoluzione, per di più ventilando<br />

come alternativa ipotesi frontiste con i rappresentanti delle altre<br />

classi <strong>in</strong>filtrati nel nostro movimento. Sullo sfondo delle sconfitte proletarie<br />

c'è sempre l'opzione democratica, maggioritaria, frontista. Chi concepisce la<br />

storia moderna come fatta di giochi parlamentari, da quelli nazionali locali<br />

a quelli <strong>in</strong>ternazionali come la Società delle Nazioni ecc., sposa una dottr<strong>in</strong>a<br />

altrettanto stupida di quella dell'eroe, del condottiero che illum<strong>in</strong>a di sé folle<br />

maggioritarie, con la potenza del suo esempio, con l'eloquenza dei suoi<br />

discorsi, con la sua lungimirante immag<strong>in</strong>azione. E ciò vale <strong>in</strong> negativo così<br />

come vale <strong>in</strong> positivo. L'anti-eroe farabutto e crim<strong>in</strong>ale è l'immag<strong>in</strong>e speculare<br />

dell'eroe positivo, l'angelo ribelle schiaffato nell'<strong>in</strong>ferno.<br />

74<br />

La vittoria rivoluzionaria è un fatto qualitativo<br />

Le rivoluzioni non possono che essere anticipate da m<strong>in</strong>oranze. Il germe<br />

mutante <strong>della</strong> nuova società che <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia a mettere radici <strong>in</strong> quella vecchia<br />

non può che far parte di un <strong>in</strong>sieme temporaneamente isolato, pers<strong>in</strong>o<br />

non compreso. Quella volta che delegazioni del movimento operaio <strong>in</strong>glese<br />

e tedesco andarono da Marx ed Engels a porre sul tappeto le loro condizioni<br />

e le loro organizzazioni per fondare l'Internazionale, offrendo loro la dire-

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