qui - maria vita romeo
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100 Spigolature<br />
entro cui si staglia la nostra comprensione<br />
dell’essere, anche se, come dice lo<br />
stesso Vattimo, all’interno di questa<br />
possiamo ‹‹articolare diversi fili conduttori››:<br />
ecco quel che intende l’autore con<br />
l’espressione ‹‹tradizionalisti multiculturali››.<br />
Ora, dal momento che la tradizione<br />
è ‹‹tutto questo insieme di cose››, come<br />
scegliamo la condotta da seguire nel<br />
relazionarci con gli altri? Non certo ‹‹in<br />
base al criterio della verità assoluta››, ma<br />
secondo carità: ‹‹scelgo soprattutto quelle<br />
interpretazioni e quelle soluzioni che<br />
mi permettono di guardare l’altro senza<br />
vergognarmi››.<br />
Questo in soldoni il pensiero debole,<br />
o meglio il pensiero dei deboli – come<br />
viene ribattezzato da Vattimo: un pensiero<br />
speculativo ed etico post-metafisico,<br />
dunque privo di norme, ma non per<br />
questo non normativo, anzi: possiamo<br />
sperimentare una normatività contrattuale,<br />
che nasce proprio dal fatto che<br />
‹‹l’unica verità della verità è questa mia<br />
presentabilità al mio prossimo››. Questa<br />
carità non è un fondamento, tant’è che<br />
non ci dona un mondo univoco: amare<br />
l’altro significa amare la sua anima, cioè<br />
la sua libertà, e quando questo altro vuole<br />
essere eutanasizzato perché ha perso<br />
l’amore per la <strong>vita</strong>, il mio amore per lui<br />
mi deve spingere a farglielo ricon<strong>qui</strong>stare.<br />
Ma, infine, non ho altra scelta che<br />
accettare la sua libertà, la quale nei casi<br />
di eutanasia si può ‹‹intendere anche come<br />
principio del consenso informato da<br />
parte dell’interessato o dei suoi tutori<br />
naturali››.<br />
Questo pensiero, però, così debole<br />
da non essere fondativo, non lo è poi da-<br />
vanti al mistero della fede che cerca di<br />
piegare a sé stesso: ecco l’obiezione che<br />
Antiseri prepara nella sua lunga parte, e<br />
che muove solo dopo aver mostrato, invece,<br />
i meriti del pensiero vattimiano.<br />
Antiseri già nel 1993, con un corposo<br />
saggio dal titolo Le ragioni del pensiero<br />
debole (ed. Borla, 2ª ed. 1995) aveva riconosciuto<br />
a Vattimo il merito di aver<br />
riguadagnato al pensiero occidentale la<br />
contingenza dell’esperienza umana, e<br />
con essa i limiti della ragione umana, la<br />
quale aveva costruito durante il corso<br />
degli ultimi due secoli degli assoluti terrestri,<br />
che avevano emarginato la fede e<br />
tentato addirittura di cancellarla. La critica<br />
della ragione operata da Montaigne,<br />
Pascal e Kant ha aperto nuovi spazi alla<br />
religione, e questa debolezza del pensiero<br />
non è per nulla un focolaio di antireligiosità,<br />
come del resto aveva capito il<br />
vescovo Pierre-Daniel Huet che, nel suo<br />
Trattato sulla debolezza del pensiero, datato<br />
1724, dopo essere stato un fervente<br />
cartesiano, affermava che non la limitata<br />
ragione umana, ma la fede ci dà una conoscenza<br />
certa. Si chiede allora Antiseri:<br />
‹‹Erano nel torto pensatori quali Montaigne,<br />
Charron, Pascal e Huet? Non è il<br />
caso oggi di rifarsi a questa tradizione e<br />
affermare con tutta franchezza e onestà<br />
che la tradizione fondazionalista, nonostante<br />
i suoi meriti, appare in tutta la<br />
sua debolezza, rintanata in “nicchie ecologiche”<br />
protette?››, e cita il Karl Rahner<br />
di Fatica di credere che dà il benservito<br />
alla filosofia e alla teologia neoscolastica,<br />
anche sulla scorta dell’autorità del Concilio<br />
Vaticano II (che lo pensi Rahner è<br />
vero, che lo pensassero i Padri Conciliari