qui - maria vita romeo
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Descartes e il problema della fede 41<br />
lettera a Mersenne del marzo 1642, AT III, 544), si può riconoscere che<br />
la filosofia cartesiana sia andata a tal proposito più lontano possibile, con<br />
un certo numero di temi che si possono elencare e alcuni dei quali superano<br />
la pura metafisica: esistenza di un Dio infinitamente potente e sovranamente<br />
perfetto (la cui immutabile volontà conduce Descartes, in un<br />
altro testo sorprendente del Collo<strong>qui</strong>o con Burman, a dare ragione, sul libero<br />
arbitrio, ai gomaristi contro gli arminiani e i gesuiti) 17 ; incorporeità<br />
dell’anima umana, la cui immortalità diventa così più facile da credere;<br />
relazione fra la storia probabile del mondo fisico e il primo capitolo della<br />
Genesi; circoscrizione rigorosa del mistero dell’eucaristia con eliminazione<br />
di difficoltà parassitarie; infine, relazione fra la «vera generosità» che è<br />
la «chiave di tutte le altre virtù» e le leggi della carità cristiana (evocate da<br />
Descartes nell’Epistola a Vezio, VII parte).<br />
Ma nello stesso tempo rimane il punto sconcertante: la filosofia cartesiana<br />
si ferma alla soglia della religione cristiana, e del contenuto specifico<br />
di questa religione non dice nulla. E con ciò, desidero designare la notevole<br />
parsimonia cartesiana – che viene, è vero, dopo la notevole parsimonia<br />
di Montaigne – nel riferimento a Gesù Cristo.<br />
Bisogna certamente parlare di parsimonia e non di astensione completa.<br />
In effetti, nei testi in cui Descartes s’interessa al mistero dell’Eucaristia,<br />
è questione sicuramente di Gesù Cristo, per mostrare a tal proposito<br />
ancora la superiorità dei suoi propri princìpi su quelli di Aristotele.<br />
Inoltre, la lettera a padre Mesland del 2 maggio 1644 evoca la condotta<br />
di Gesù Cristo in questa <strong>vita</strong>, conservandole il suo valore paradigmatico:<br />
Non ci si stanca di meritare se (vale a dire: si merita sicuramente, anche nel caso<br />
in cui), vedendo chiaramente quello che bisogna fare, lo si faccia (lo si fa) infallibilmente<br />
e senza indifferenza alcuna, come ha fatto Gesù Cristo in questa <strong>vita</strong>.<br />
Ci si può tuttavia interrogare sulla parte di convenzione che riguarda<br />
questi brani, dove il Cristo è sicuramente trattato come una figura storica<br />
17 AT V, 166, Testo 38 Beyssade. «Bisogna dire», aggiunge Descartes, «che Dio è certamente<br />
immutabile, e che ha decretato da tempo immemorabile di darmi, o no, ciò che gli chiedo, ma<br />
che tuttavia il suo decreto comporta allo stesso tempo di concedermelo grazie alla mediazione delle<br />
mie preghiere, nello stesso tempo in cui pregherò e avrò una buona condotta, dal momento che<br />
bisogna che io lo preghi e che abbia una buona condotta se voglio ottenere qualcosa da Dio».