qui - maria vita romeo
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Descartes e il problema della fede 29<br />
luce illustrius). La compatibilità fra l’oscurità della materia e la chiarezza<br />
della ragione è <strong>qui</strong> illustrata da un esempio che noi commenteremo.<br />
2) Inoltre, la chiarezza o l’evidenza (claritas sive perspicuitas) attraverso<br />
la quale la nostra volontà può essere portata ad assentire (moveri potest ad<br />
assentiendum) può essere di due specie (duplex): ne esiste una che procede<br />
dal lume naturale e un’altra che procede dalla grazia divina (ciò che ammetteva<br />
già la Quarta Meditazione, citata più oltre, AT IX, 116). In questo<br />
caso, la “ragione formale” della fede consiste in<br />
un certo lume interiore, in virtù del quale, avendoci Dio illuminato in modo<br />
soprannaturale, noi abbiamo fiducia che le cose che ci sono proposte da credere<br />
siano state rivelate da lui, e che non può essere assolutamente vero che egli stesso<br />
ci inganni (ut ille mentiatur), ciò che è più sicuro di ogni lume naturale (omni<br />
naturae lumine certius), e spesso anche più evidente (evidentius), a causa del<br />
lume della grazia (propter lumen gratiae).<br />
Ma, se è Dio a farci vedere che ci rivela le cose che ci rivela, il fatto<br />
che egli non ci mentisca e che non sia ingannatore costituisce una prima<br />
verità metafisica, il cui fondamento è stato ricordato più su (VII, 144, 3;<br />
XI, 113); vale a dire che, essendo Dio il sommo essere (summum ens), egli<br />
non può non essere anche il sommo bene e la somma verità (summum<br />
bonum et verum), il che fa sì che non presupponga contraddizione che<br />
qualunque cosa venga da lui tenda positivamente alla falsità. Ciò, scrive<br />
<strong>qui</strong> Descartes, è «più certo di ogni lume naturale»: fatto sta che si tratta,<br />
si potrebbe dire, di una verità trascendentalmente certa, poiché precede<br />
di diritto tutte le altre verità o conoscenze 11 .<br />
Sostanzialmente, la posizione cartesiana sembra del tutto ortodossa.<br />
Sarà necessario a tal proposito prendere qualche riferimento in san Tom-<br />
11 Un testo perfettamente esplicito su questo punto si trova nelle VI Risp., pt 5, AT VII,<br />
428; IX, 230: «che ripugna che gli uomini siano ingannati da Dio, ciò è chiaramente dimostrato<br />
dal fatto che la forma dell’inganno è un non-essere, al quale non può portarsi il sommo essere. Ed<br />
è ciò su cui convengono tutti i teologi, e ciò da cui dipende tutta la certezza delle fede cristiana;<br />
perché noi crederemmo alle cose rivelate da Dio, se pensassimo di essere talvolta ingannati da lui<br />
(si nos interdum ab ipso decipi arbitraremur)?». Il testo francese rafforza la tesi: «Anche tutti i teologi<br />
sono d’accordo su questa verità, che si può dire la base e il fondamento della religione cristiana,<br />
poiché ne dipende tutta la certezza della sua fede; giacché, come potremmo noi…».