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qui - maria vita romeo

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110 Spigolature<br />

mo œconomicus (Parte Terza). Il volume<br />

si conclude con delle riflessioni capaci di<br />

rivolgere la propria attenzione alla trascendenza<br />

umana, in cui ottengono degna<br />

trattazione l’infinito, il sacro, il divino,<br />

le pratiche spirituali e le esperienze<br />

mistiche.<br />

Intesa in questi termini, l’antropogenesi<br />

e – oserei dire – qualunque altra indagine<br />

non possono più fare a meno di<br />

una metodologia dinamica, in cui l’eccezione<br />

non rappresenta ine<strong>vita</strong>bilmente<br />

uno scadimento per la regola, né la corruzione<br />

della natura. L’instabilità, il<br />

cambiamento, i mutamenti e le mutazioni<br />

non sono una patologia per l’uomo.<br />

L’evoluzionismo ha il merito di introdurre<br />

il cambiamento nella comprensione<br />

razionale, il mutevole nell’ordine.<br />

Ma ciò che è perfino più significativo è<br />

che anche ciò che sfugge alla staticità, alla<br />

fissità, può avere un suo ordine, una<br />

sua linea di progresso. «No, la natura<br />

non è un ordine immutabile, che svolge<br />

sé stessa maestosamente dal filo della<br />

legge sotto il controllo di forze deificate.<br />

Essa è un ammasso indefinito di mutamenti.<br />

Le leggi non sono regolazioni che<br />

governano e limitano il cambiamento,<br />

bensì formulazioni convenienti di porzioni<br />

selezionate di cambiamento connesse<br />

nel breve o nel lungo periodo, e<br />

poi registrate in forma statistica per<br />

l’agevole manipolazione matematica» –<br />

scriveva entusiasticamente J. Dewey (Intelligence<br />

and Morals, in J. Dewey, The<br />

Middle Works, volume 4 (1908), a cura<br />

di J. A. Boydston, Carbondale, SIUP,<br />

1991-2008, p. 47). E cade ogni distinzione<br />

tra una conoscenza di tipo inferio-<br />

re, imperfetta ed incerta, in quanto conoscenza<br />

di cose che si trasformano e<br />

mutano, ed una di tipo superiore, certa<br />

e definitiva, perché conoscenza di cose<br />

immutabili ed eterne. La certezza non si<br />

misura con l’eternità, ma con la qualità<br />

del metodo utilizzato, con il corretto<br />

processo di osservazione e verifica; ed allora<br />

si può essere certi ed in modo certo<br />

delle conoscenze ac<strong>qui</strong>site fintantoché<br />

sono ac<strong>qui</strong>site e valide.<br />

Tutto ciò potrà sembrare frustrante<br />

ed insoddisfacente. Se siamo alla ricerca<br />

di garanzie accomodanti, di giustificazionismi<br />

facili e fittizi, di neghittose verità,<br />

possiamo pur sempre rifugiarci nel<br />

porto sicuro dei positivismi, che «si presentano<br />

nella storia sempre con un duplice<br />

sembiante: quello della potenza e<br />

dell’autorità di chi dice e “descrive” come<br />

stanno “realmente” le cose; e quello<br />

del respiro corto di chi esorcizza, o si industria<br />

di addomesticare il cambiamento<br />

e le metamorfosi della possibilità» (p.<br />

657). Del resto, se ci si muove a proprio<br />

agio tra le placide acque di una secca,<br />

ogni parenesi non sarà che una paralisi e<br />

farà del piccolo specchio d’acqua antistante<br />

il proprio oceano: «E tutto sommato<br />

i riduzionismi (di ieri, di oggi)<br />

non sono che il braccio operativo di<br />

questi positivismi; sono delle creature<br />

(ingenue e un po’ credulone) di una ragione<br />

che si sogna (e quanto sogno,<br />

quanto mito c’è nel razionalismo!) come<br />

ultimamente determinante e “crede” al<br />

fine di aver afferrato la radice delle cose»<br />

(p. 657).<br />

Per nostra fortuna, l’universo uomo<br />

è un campionario di irregolarità, una

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