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qui - maria vita romeo

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satte di affermazioni anteriori, espressioni strane, ecc.» 8 : tutti indizi suscettibili<br />

di segnare un difetto di adesione reale dell’autore in relazione alle<br />

dottrine alle quali egli dichiara d’altronde di restar fedele e che pretende<br />

di trattare con rispetto.<br />

Leo Strauss, come si sa tuttora, ha applicato questa ermeneutica della<br />

dissimulazione ai filosofi arabi ed ebrei, Al-Farabi, Maïmonide, Spinoza,<br />

ma anche a Machiavelli e a Hobbes. Sembra non aver mai trattato di Descartes,<br />

e Descartes non è stato per lui del tutto fuori portata. Nel volume<br />

al quale l’articolo su «La persecuzione e l’arte di scrivere» dà il titolo, e<br />

più precisamente in uno studio intitolato: Come studiare il “Trattato Teologico-politico”<br />

di Spinoza, Strauss scrive (trad. fr. p. 247):<br />

Le regole di <strong>vita</strong> di Spinoza che si aprono con il ad captum vulgi lo<strong>qui</strong> (parlare<br />

mettendosi alla portata del volgo: prima regola di <strong>vita</strong>, regula vivendi, del Trattato<br />

sulla riforma dell’intelletto) seguono il modello delle regole della “morale provvisoria”<br />

di Descartes che si aprono con l’esigenza di un rigoroso conformismo in<br />

ogni cosa, eccetto l’esame strettamente privato delle sue proprie opinioni. Noi<br />

non possiamo che fare allusione al problema della tecnica di scrittura di Descartes,<br />

problema che sembra sfuggire alla vigilanza di tutti gli specialisti a causa<br />

dell’estrema precauzione che caratterizza tutte le azioni di questo filosofo.<br />

Benché Descartes sia passato per maestro nell’arte di “proiettare ombre”<br />

sulle cose (come scrive nel Discorso sul Metodo a proposito della<br />

fisica 9 ), vi sono delle buone ragioni per negare che egli abbia mai voluto<br />

praticare una dissimulazione alla Strauss. Mai il suo proposito esplicito<br />

porta qualcosa che abbia delle buone ragioni da identificare come l’opposto<br />

del suo proprio pensiero; e il principio di una comunicazione esoterica<br />

(fra iniziati) per lui non è nulla che abbia un vero significato. Descartes<br />

ha avuto un bell’«odiare il mestiere di fare dei libri»: per lui, pubblicare<br />

doveva intendersi nel senso pieno della parola, come una comunicazione<br />

senza dubbio raffinata, ma tuttavia univoca, dei suoi pensieri ad un pubblico<br />

istruito. Detto ciò, bisognerà ricordarsene continuamente: nella situazione<br />

dell’epoca, nessuno scritto che riguardasse da vicino o da lonta-<br />

8 A 37; B 69.<br />

9 Quinta parte, AT VI, 42.<br />

Descartes e il problema della fede 27

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