qui - maria vita romeo
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20 Laurence Devillairs<br />
fatto che vi siano delle cose in Dio che noi non intendiamo, così come vi sono<br />
in un triangolo parecchie proprietà che mai nessun matematico conoscerà, benché<br />
tutti sappiano benissimo cosa sia un triangolo 49 .<br />
Il Dio della filosofia non è meno incomprensibile del Dio della fede,<br />
poiché la conoscenza della sua infinità implica necessariamente l’esistenza<br />
di attributi rivelati, fondamento della fede:<br />
Poiché è sufficiente che io capisca proprio che Dio non può essere colto da me<br />
[a me non comprehendatur] […] purché io giudichi inoltre che sono in lui tutte<br />
le perfezioni che comprendo chiaramente [clare intelligo], e per di più alcune<br />
perfezioni molto più numerose [multo plures] di quanto io non possa cogliere 50 .<br />
Il filosofo conosce di Dio solo quello che è conoscibile, ossia ciò che è<br />
non rivelato ma accessibile al lume naturale:<br />
Che conoscendo che vi è un Dio nel modo <strong>qui</strong> spiegato [cioè dalla sua idea] si<br />
conoscono anche tutti i suoi attributi, tanti quanti ne possono essere conosciuti<br />
dal solo lume naturale [omnia ejus attributa naturali ingenii vi cognoscibilia simul<br />
cognosci ] 51 .<br />
L’idea di infinito permette di costituire Dio al contempo come oggetto<br />
della ragione e come ciò che di diritto trascende la ragione. È la conoscenza<br />
chiara e distinta dell’infinità di Dio, e dell’incomprensibilità che le<br />
è annessa, che permette di porre l’esistenza di attributi che son quelli del<br />
Dio della Rivelazione, trino e incarnato. Se tutti gli attributi fossero riducibili<br />
a un contenuto razionale, allora potremmo avere un concetto di<br />
Dio, una conoscenza adeguata della sua natura.<br />
49 Lettera di Descartes a Mersenne, Leida, 31 dicembre 1640, in Tutte le lettere, cit., pp. 1357-<br />
9 (AT III, 274). Per Tommaso d’A<strong>qui</strong>no, vedi Somma contro i Gentili, I, 3, cit., p. 71; Somma<br />
teologica, II a. q. I, a. 5.<br />
50 Lettera di Descartes a Clerselier, Egmond-Binnen, 23 aprile 1649, in Tutte le lettere, cit., p.<br />
2695 (AT V, 356).<br />
51 Princìpi della filosofia, I, XXII, cit., p. 1727 (AT IX-B, 35, VIII-A, 13); «Nam certe est lumine<br />
naturali notissimum», Princìpi della filosofia, I, XXII, cit., p. 1724 (AT VIII-A, 12); «E non<br />
c’è davvero alcunché, in tutto ciò, che non sia manifesto per lume naturale» (Meditazioni. Terza,<br />
cit., p. 743) (AT IX, 38); Descartes ha appena formulato la prova a posteriori: «È infatti notissimo<br />
per lume naturale che ciò che può esistere per propria forza esiste sempre» (Meditazioni. Prime<br />
Risposte, cit., p. 837) (AT IX, 94).