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6 Laurence Devillairs<br />

Tradurre il latino intelligere con concepire costituisce ben più che un<br />

errore di traduzione, poiché lo stesso Descartes provava – a più riprese<br />

– l’impossibilità di una concezione di Dio o dei suoi attributi, e instaurava<br />

una distinzione radicale fra conoscere (intelligere, percipere, cogniscere<br />

2 ) e comprendere o concepire (comprehendere; capere; adæquate comprehendere):<br />

so però che Dio è autore di tutte le cose […] Dico che lo so, e non che lo concepisco<br />

o lo comprendo; si può infatti sapere che Dio è infinito e onnipotente,<br />

benché la nostra anima, essendo finita, non lo possa comprendere né concepire 3 .<br />

Oggetto di conoscenza, Dio sfugge al concetto. Tale è dunque una<br />

delle specificità più importanti della metafisica cartesiana, sulla quale desidererei<br />

ritornare con tutta l’attenzione richiesta dallo stesso Descartes.<br />

Prima di affrontare l’esame dell’incomprensibilità dell’infinito divino,<br />

comincerò dall’aspetto positivo che accompagna quest’affermazione, e<br />

cioè la rivendicazione della possibilità di una conoscenza chiara e distinta<br />

della natura divina.<br />

L’opposizione pascaliana fra il Dio dei filosofi e il Dio dei credenti –<br />

opposizione che è diventata un luogo comune della storia della filosofia –<br />

ha scartato la possibilità di una via filosofica, e più precisamente cartesiana,<br />

di accesso a Dio. Avendo adottato facilmente la lettura pascaliana dei<br />

rapporti tra fede e ragione, siamo ormai convinti che il razionalismo (cartesiano)<br />

escluda la possibilità d’integrare nel suo ordine il Dio della fede.<br />

Una tale interpretazione richiede di fermare la lettura di Descartes alla<br />

Seconda Meditazione e alla formulazione del famoso Cogito oppure Io<br />

sono, Io esisto. Ora la conoscenza di sé è seconda, e segue la conoscenza di<br />

Dio: l’idea dell’infinito precede l’idea di sé come finito:<br />

2 Ivi, p. 734 -738-740; (AT VII, 40; 45). «Postquam fatis accurate investigavimus <strong>qui</strong>d sit<br />

Deus, clare et distincte intelligimus ad ejus veram et immutabilem naturam pertinere ut existat», Prime<br />

obiezioni, in Opere 1637-1649, cit., p. 832; (AT VII, 116). «Per infinitam substantiam, intelligo…»,<br />

Lettera di Descartes a Clerselier, Egmond-Binnen, 23 aprile 1649, in R. Descartes, Tutte le<br />

lettere 1619-1650, a cura di G. Belgioioso, testo francese, latino e olandese, Milano, Bompiani,<br />

2005, p. 2694. (AT V, 355).<br />

3 Lettera di Descartes a Mersenne, Amsterdam, 27 maggio 1630, in Tutte le lettere, cit., p. 153<br />

(AT I, 152); cfr. J. Laporte, Le rationalisme de Descartes, Paris, Vrin, pp. 293-6; J.-M. Beyssade,<br />

Descartes au fil de l’ordre, p. 158 e sgg.

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