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12 Laurence Devillairs<br />

noi, che siamo finiti, tentassimo [di] determinare qualcosa [dell’infinito]»<br />

23 . Tutti gli attributi, in quanto attributi di Dio, sono al tempo stesso<br />

intellegibili e incomprensibili o, più precisamente, intellegibili per ciò<br />

stesso che sono incomprensibili, cioè attributi del Dio infinito.<br />

L’infinito, al quale si rapporta l’incomprensibilità, non è una nozione<br />

negativa e non rimanda ad una qualsiasi indicibilità di Dio. Tutt’altro, il<br />

conoscere nella sua infinità incomprensibile è il conoscere realmente e<br />

positivamente:<br />

per dire che una cosa è infinita, infatti, bisogna avere qualche ragione che la faccia<br />

conoscere come tale, cosa che si può avere solo da Dio 24 .<br />

L’incomprensibilità non mette fine alla conoscenza di Dio, ma ne fa<br />

una conoscenza conforme della sua infinità 25 . L’incomprensibilità fa parte<br />

della conoscenza di Dio. In effetti, conoscere che Dio è incomprensibile<br />

significa conoscerlo ancora positivamente, in quanto è sapere perché è tale<br />

e dunque avere un’idea chiara e distinta della sua infinità. Bisogna rinunciare<br />

ad una comprensione del divino, per averne una conoscenza certa.<br />

L’incomprensibilità, dunque, non è sinonimo d’indicibilità ma, proprio<br />

al contrario, di intellegibilità di Dio. Se osassimo il paradosso, potremmo<br />

dire che l’incomprensibilità non significa non comprendere Dio, ma conoscerlo<br />

(nella sua infinità): «l’infinito, in quanto infinito, in verità non è<br />

affatto compreso [comprehendi], ma […] nondimeno è inteso [intelligi]».<br />

L’incomprensibilità non è un dato che si impone alla filosofia dall’esterno;<br />

essa corrisponde a ciò che dev’essere una conoscenza filosofica<br />

di Dio. Appartiene alla natura di un Dio infinito il non essere compreso,<br />

ed è solo accettando di non comprenderlo che se ne possiede una vera<br />

idea. Chi dichiara di comprendere o di concepire Dio ne ha solo una conoscenza<br />

falsa e confusa; chi ammette di non comprenderlo possiede allora<br />

una conoscenza chiara e distinta della sua natura. Conoscerlo nella sua<br />

stessa divinità è conoscerlo nel suo infinito, di cui abbiamo l’idea e non il<br />

concetto. L’incomprensibilità fa che Dio resti Dio, cioè un essere infini-<br />

23 AT IX, 37.<br />

24<br />

V, 51).<br />

Lettera di Descartes a Chanut, L’Aia, 6 giugno 1647, in Tutte le lettere, cit., p. 2467 (AT<br />

25 Meditazioni. Quinte Risposte, cit., p. 1166 (AT VII, 365).

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