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qui - maria vita romeo

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106 Spigolature<br />

cospicui finanziamenti per la ricerca tecnologica,<br />

i laboratori universitari si trovarono<br />

a disporre di risorse costanti e<br />

delle più fervide menti scientifiche, dal<br />

cui felice incontro, nel giro di pochi anni,<br />

si giunse alle scoperte che cambiarono<br />

il volto dell’informatica. In questi laboratori<br />

pullulanti di scienziati si sviluppò<br />

un modo di operare nuovo «caratterizzato<br />

da tre aspetti: l’idea generica del<br />

beneficio del lavoro collaborativo, il networking<br />

e lo sharing» (p. 89). In altre<br />

parole, in un clima di fermento tecnologico,<br />

l’etica del lavoro «suggeriva all’esperto<br />

di confrontarsi in ogni istante<br />

con i colleghi, di rendere pubblici i problemi,<br />

con la speranza che un altro<br />

scienziato li avesse già affrontati e risolti<br />

o sapesse come risolverli [...], di scambiare<br />

documentazione e di rendere pubblici<br />

i propri lavori» (p. 89). Quando da<br />

questo clima di estrema trasparenza e<br />

collaborazione contrassegnato dal software<br />

libero si passò a quello proprietario,<br />

alcuni informatici/scienziati, primo<br />

fra tutti Stalmann, sentirono che veniva<br />

tradita l’etica che fino a quel momento<br />

era stata alla base delle scoperte conseguite:<br />

le grandi case che facevano firmare<br />

ai ricercatori contratti di non disclosure<br />

costringevano ad un comportamento<br />

«contrario agli elementari principi di etica<br />

che dispongono che ogni uomo debba<br />

attivarsi per il bene del prossimo» (p.<br />

88). Da queste semplici riflessioni si<br />

giunse presto al movimento del software<br />

libero ed ai protocolli aperti di trasmissione<br />

di informazioni che stanno alla base<br />

della più importante infrastruttura<br />

per la comunicazione esistente: Internet.<br />

Attraverso la trattazione dell’etica<br />

hacker, anche il lettore più inesperto viene<br />

introdotto in un mondo in cui diventa<br />

chiara e netta la differenza tra lo<br />

hacker, guidato da un’etica e, se vogliamo,<br />

da una missione di tipo culturale,<br />

ed il cracker, che inserisce virus nel sistema,<br />

agisce per appropriarsi illecitamente<br />

di beni altrui e opera per il generale<br />

danneggiamento degli altri.<br />

Il testo, in conclusione, si dimostra<br />

pregevole per quanto riguarda l’ampia<br />

panoramica di possibili questioni etiche<br />

all’interno del mondo informatico, presentate<br />

attraverso uno stile chiaro ed efficace,<br />

ma trova il suo limite proprio<br />

nella riflessione etica. Nella computer<br />

ethics di Ziccardi non c’è spazio per quei<br />

filosofi che tentano di districarsi nel<br />

complicato mondo delle tecnologie informatiche,<br />

per evincerne rischi, potenzialità<br />

e spunti di riflessione. Più fortuna<br />

hanno invece le idee di quegli informatici<br />

che, a partire dal mondo da loro conosciuto<br />

e in parte rivoluzionato, hanno<br />

prospettato suggestivi scenari futuristici<br />

e filosofeggiato sull’avvento dell’era informatica.<br />

La stessa bibliografia generale<br />

presenta una cospicua lista di opere di<br />

informatica ed informatica giuridica,<br />

che di rado lascia spazio a testi di sociologia<br />

dei media e ancora meno di etica<br />

tout court. Se è vero che l’autore stesso<br />

nell’introduzione avverte di tale mancanza,<br />

affermando di tralasciare la dimensione<br />

filosofica per dare al testo una<br />

valenza per lo più pratica, è anche vero<br />

che in questo approccio interdisciplinare<br />

in cui le problematiche storiche, sociologiche,<br />

tecnologiche e giuridiche si alter-

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