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88 Giuseppe Pezzino<br />

Nel primo caso, «che una certa cosa è accaduta per esempio a Roma»,<br />

prevale l’esteriorità di un’oggettività che potrebbe essere storica o scientifica;<br />

nel secondo, quando si tratta di «dubbio di morale», prevale l’interiorità<br />

della coscienza morale e del suo principio etico. O meglio: il ruolo della<br />

testimonianza, della verifica e della prova, negli affari del mondo, è qualcosa<br />

che perde ogni valore negli affari di coscienza, nei problemi morali.<br />

Per i casi di coscienza, la Chiesa cristiana, sin dal suo nascere, aveva<br />

dovuto affrontare il contrasto – in verità, mai acuto – fra la morale evangelica,<br />

tutta interiore e tutta incentrata su una coscienza rinnovata e riscattata<br />

dai valori terreni, e la morale legalistica in gran parte ereditata da<br />

una certa tradizione legalistica ebraica. Da <strong>qui</strong> i dibattiti nella Patristica e<br />

nella scolastica sulla «derogabilità» delle leggi divine, e i conseguenti tentativi<br />

di distinguere una <strong>vita</strong> morale «perfetta» da un’altra «imperfetta», o<br />

di collocare i «precetti» accanto ai ben più lievi «consigli».<br />

Indubbiamente il dibattito non restò mai esclusivamente teorico. Ma<br />

fu soprattutto con i bisogni pratici della confessione che sorsero, già nei<br />

secoli XIV e XV, le Summulae casuum conscientiae. Da <strong>qui</strong> il fiorire della<br />

casistica e dei relativi trattati, che rappresentano una sorta di giurisprudenza<br />

nell’ambito del legalismo morale e religioso. In breve, come la giurisprudenza<br />

scende al caso particolare e concreto rispetto alla norma generale<br />

del diritto, così la casistica affronta i particolari casi concreti della<br />

coscienza rispetto alla legge morale e religiosa.<br />

Pur risultando alquanto rigida e schematica, quell’abbondante fioritura<br />

della casistica ebbe certamente il pregio di non mortificare né trascurare<br />

il momento della situazione storicamente determinata e concreta, in<br />

cui bisogna calare l’astratta legge generale che, proprio perché generale,<br />

non è in grado di abbracciare e contemplare la totalità dei mille e mille<br />

possibili e sempre nuovi casi di coscienza innestati in una sempre nuova<br />

situazione storica. Ma, quando il legalismo della casistica si mescolerà con<br />

il probabilismo e con il lassismo, a quella fioritura subentrerà un copiosissimo<br />

raccolto di frutti moralmente marci e velenosi.<br />

È dunque innegabile che la casistica sia sempre esistita, proprio perché<br />

risponde ad un bisogno ineliminabile dell’attività pratica, la quale richiede<br />

la formazione di schemi concettuali che aiutino ad orientarsi nella<br />

selva dei problemi da risolvere e delle decisioni da assumere. A questo bi-

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