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qui - maria vita romeo

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piccola etica o etichetta della rete. Più<br />

che di un’etica di computer si tratta di<br />

una sorta di galateo dell’uomo informatico:<br />

una serie di norme atte a «garantire<br />

un corretto svolgimento della <strong>vita</strong> sociale<br />

in rete, prevenendo o reprimendo<br />

comportamenti che, nel corso degli anni<br />

si sono rivelati fastidiosi o non corretti»<br />

(p. 27). Attraverso la lettura delle diverse<br />

netiquette prodotte negli ultimi anni,<br />

il lettore ha la possibilità di confrontarsi<br />

con una serie di comportamenti che anche<br />

i più inesperti navigatori di internet<br />

o utilizzatori di posta elettronica hanno<br />

avuto modo di giudicare scorretti o<br />

quantomeno fastidiosi. Tra i princìpi<br />

della netiquette attualmente in vigore in<br />

Italia, approvata dal NIC (Network Information<br />

Center) ci sono quelli che riguardano<br />

la partecipazione ai newsgroup<br />

(sinteticità, coerenza con il topic etc.) oppure<br />

quello ancora più evidente di «non<br />

pubblicare mai, senza l’esplicito permesso<br />

dell’autore, il contenuto di messaggi<br />

di posta elettronica» (p. 29). In tema di<br />

spamming (invio di pubblicità non desiderata<br />

via e-mail), viene poi sottolineato<br />

come negli ultimi anni sia intervenuto<br />

sempre più spesso il Garante della privacy,<br />

spostando la questione dal terreno<br />

della semplice inosservanza di netiquette<br />

a quello della violazione del diritto e della<br />

conseguente applicazione di sanzioni.<br />

Il terzo capitolo offre alcuni esempi<br />

di codici etici: da quelli per i professionisti<br />

nello sviluppo di software a quelli<br />

che ineriscono al corretto uso della rete<br />

informatica aziendale, dal controllo dei<br />

lavoratori che accedono ad Internet al<br />

corretto utilizzo della posta elettronica<br />

Spigolature 105<br />

sul luogo di lavoro. L’elenco di “deontologie<br />

informatiche” termina con il pensiero<br />

di Robin Gross, che ha formulato<br />

«una sorta di decalogo dei diritti di comunicazione<br />

nell’era dell’informazione»<br />

(p. 81). Di particolare rilievo la sua rivalutazione<br />

dell’«idea di pubblico dominio<br />

come mezzo per arricchire la società» (p.<br />

82). Gross riflette sul fatto che tutte le<br />

creazioni intellettuali di oggi sono il<br />

frutto di lavori preesistenti. Se nelle<br />

scuole si insegna a suonare Mozart e<br />

Beethoven, se si possono rappresentare<br />

le opere di Shakespeare senza ac<strong>qui</strong>stare<br />

costose licenze, è perché queste sono di<br />

pubblico dominio. È grazie al pubblico<br />

dominio, nello specifico grazie al software<br />

libero, che oggi si può garantire il<br />

funzionamento di Internet. Tuttavia<br />

l’attuale mercato delle informazioni si<br />

muove nella direzione opposta, comportando<br />

per le persone un doppio costo<br />

delle informazioni: «il pubblico paga direttamente,<br />

per la ricerca, la prima volta,<br />

e poi paga ancora quando l’informazione<br />

pubblica è commercializzata» (p. 82).<br />

Gli ultimi due capitoli sono dedicati<br />

alla trattazione dell’etica hacker, con una<br />

particolare attenzione alle sue origini e<br />

alla fondamentale opera di Richard Stalmann,<br />

considerato da molti il precursore<br />

dell’etica hacker modernamente intesa.<br />

Si afferma <strong>qui</strong> l’idea che l’etica hacker<br />

sia in qualche modo l’erede di un’etica<br />

del lavoro, quella degli informatici che si<br />

trovarono ad operare negli Stati Uniti<br />

negli anni successivi alla seconda guerra<br />

mondiale. In una situazione in cui la<br />

minaccia di una guerra nucleare spingeva<br />

il governo americano ad impiegare

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