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Bollettino Roncioniano - PO-Net Rete Civica di Prato

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46 Sergio Nannicini<br />

costituisce il severo nucleo della comunità conventuale, si resta attoniti<br />

per il cambiamento: dalla fastosa celebrazione delle virtù della santa, dalla<br />

testimonianza abbaglianteeatratti carezzevole della fede pubblica, si viene<br />

proiettati in un grande vano dove la muratura è schietta ed ha come<br />

pa<strong>di</strong>glione una volta sgombra <strong>di</strong> attrattive celesti; compare una platea<br />

orientale appena accennata dalla posizione <strong>di</strong> un Crocifisso chiuso nel suo<br />

dolore. A sua protezione e contemplazione sono gli spalti <strong>di</strong> un coro dove<br />

un tempo leggevano le ore, con una scansione precisa, accompagnata<br />

dall’organo, più <strong>di</strong>cento suore. È qui lo spirito autentico della fondazione<br />

domenicana, che secondo una tra<strong>di</strong>zione degna <strong>di</strong> fede fu in<strong>di</strong>cata dal<br />

Savonarola quasi come un approdo in mezzo ai presagi dolorosi del secolo<br />

(il Cinquecento), e che intese portare nella società citta<strong>di</strong>na l’energia<br />

del pensiero e delle opere nutrite dalla modestia; è qui la vera presenza <strong>di</strong><br />

Caterina de’ Ricci.<br />

Al primo altare della parete destra della chiesa pubblica: “Martirio <strong>di</strong> S. Caterina<br />

d’Alessandria” <strong>di</strong> Vincenzo Meucci (1734), l’opera più intonata alla primavera<br />

del Rococò<br />

La carnalità suadente dei rilievi che si staccano dall’altar maggiore o si<br />

effondono dalle pareti, senza peraltro smuovere punto il sacello chiesastico<br />

dalla sua ebanisteria quasi accagliata, trova infine un riposo, uno sfondato<br />

primaverile, <strong>di</strong> colori opalescenti e <strong>di</strong> trasparenze delicatissime, nel<br />

quadro con il martirio <strong>di</strong> S. Caterina d’Alessandria, dove il Settecento <strong>di</strong>mostra<br />

veramente la sua virtù <strong>di</strong>abbandono fantastico e <strong>di</strong> pietà languida,<br />

ma sincera e vibrante d’innocenza. Facilmente l’abilità pomposa dei bassorilievi<br />

incuriosisce, ma questa tela, nonostante sia pre<strong>di</strong>sposta in macchina<br />

da teatro, corrisponde del tutto alla compassione per la nobiltà e<br />

gentilezza <strong>di</strong> un’eroina antica.<br />

Quando il mattino <strong>di</strong> maggio si <strong>di</strong>ffonde nell’interno della basilica,<br />

come per miracolo fa presa in questi colori, soprattutto nell’omaggio degli<br />

angeli portati in visione come da una brezza. Essi non sono dei riempitivi,<br />

come spesso avviene nei pittori <strong>di</strong> un’epoca tanto innamorata dell’artificio,<br />

ma corrispondono allo stato d’animo della santa, incorruttibile<br />

e sorridente nell’attesa del colpo <strong>di</strong> spada, per il quale potrà liberarsi. Anche<br />

le vesti, penetrate, anzi asse<strong>di</strong>ate d’ombra, al pari delle corolle e della<br />

nube can<strong>di</strong>da che sovrastano il capo della santa, sembrano parlare <strong>di</strong> un<br />

abbandono, <strong>di</strong> un momento tragico e tuttavia gonfio <strong>di</strong> tenerezza, assai<br />

più del volto e delle mani, che soprattutto devono reggere una parte.

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