Bollettino Roncioniano - PO-Net Rete Civica di Prato
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54 Sergio Nannicini<br />
za e <strong>di</strong> stupita accusa: “Popule meus, quid feci tibi?”. Una suora comprese<br />
il potere <strong>di</strong> quel notturno colloquio, <strong>di</strong> quel volto <strong>di</strong> prigioniero, e verso<br />
la metà del Settecento, volendone ammorbi<strong>di</strong>re il patimento, i ten<strong>di</strong>ni del<br />
collo tesi per non farsi sfuggire il lamento o la protesta, lo copiò inricamo<br />
<strong>di</strong> filigrana, essendo in cuor suo convinta che fosse l’immagine vera, mansueta<br />
e terribile, apparsa alle veglie <strong>di</strong> Caterina.<br />
Non c’è dubbio che la santa non temeva <strong>di</strong> accostarsi alla frenesia che<br />
vede le piaghe <strong>di</strong> Cristo come una fiamma, un pane necessario, un esercizio<br />
della mente che storna i <strong>di</strong>letti mondani; la parola da lei ripetuta era:<br />
“ruminare, non abbandonare mai il pensiero della salvezza, anche quando<br />
si è chiamati a interrompere la preghiera, per prestare soccorso ai <strong>di</strong>seredati,<br />
per dare un consiglio pratico agli amici”. Anche quando le occorreva<br />
<strong>di</strong> salvare la moglie morente del protettore Filippo Salviati, o <strong>di</strong> minacciare<br />
lui stesso con una terrificante bufera tra le gole dell’Appennino,<br />
in modo che si decidesse a impegnare i 4000 fiorini d’oro promessi per la<br />
costruzione del grande coro conventuale, la sua fissazione, il suo luogo <strong>di</strong><br />
risoluzione morale, restava la Passione <strong>di</strong> Cristo.<br />
Ma delle sue stimmate non fa esibizione; anzi, nel <strong>di</strong>cembre del<br />
1549, vuole tornare al sorriso, “stare allegra in Gesù”: “Povera me, che<br />
con questi miei fatti sono d’impe<strong>di</strong>mento alle altre. Vorrei che Dio me li<br />
togliesse” (cfr. il Breviario Ricciano <strong>di</strong> Domenico Di Agresti, che è <strong>di</strong><br />
una lettura piena <strong>di</strong> concretezza). E spesso ad<strong>di</strong>rittura si nascondeva, mettendo<br />
un bigliettino alla porta della sua cella, invitando le suore a riunirsi<br />
nel coro o a riprendere i ricami e le telaia sottili, mentre lei intanto doveva<br />
controllare la bontà della calcina, o andava a nascondersi tra le erbe<br />
aromatiche dell’orto, pensando a come poteva trovare un buon marito<br />
per la figlia <strong>di</strong> un benefattore del convento. Dopo, senza che le altre se<br />
l’aspettassero, e in questo tornando con la mente agli avvisi del Savonarola,<br />
che Dio ci parla per ispirazione improvvisa, le raggiungeva portando<br />
in braccio una statua del bambino Gesù, per farla baciare, mentre andava<br />
sollevandosi da terra in estasi, tra la meraviglia orgogliosa e tremante delle<br />
altre monache 2 .<br />
2 Innumerevoli sono i carismi e le improvvise gioie celesti che Caterina de’ Ricci porta<br />
con sé, anche non volente. Verso la metà del XVI secolo, quando molte <strong>di</strong>ventano le visite canoniche<br />
per interrogarla degli strani favori che essa ha ricevuto dal cielo (ma alcuni sospettavano<br />
patteggiamenti col demonio), Caterina stessa si <strong>di</strong>fende con un sillogismo da manuale e con can<strong>di</strong>dezza<br />
<strong>di</strong> sfida: «Se tali cose non vengono da Cristo» (ma era prudentissima, e ad ogni apparizione<br />
sputava, per fugare trappole e inganni del demonio, anche addosso alla Vergine), ella chiede<br />
<strong>di</strong> essere riportata in semplicità <strong>di</strong>vita; «se poi vengono da Dio», sarebbe fuor <strong>di</strong> senno a voler<br />
rigettare quei favori, ma solo chiede che le sia concesso da Gesù <strong>di</strong>vivere «nascosta e ignorata da