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Bollettino Roncioniano - PO-Net Rete Civica di Prato

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56 Sergio Nannicini<br />

modulato con istintivo senso <strong>di</strong> maestà nel gruppo della Vergine; ma è<br />

meno sincero. Si guar<strong>di</strong> al Bambino: è unpro<strong>di</strong>gio <strong>di</strong> incarnato morbido<br />

e<strong>di</strong>contrasto <strong>di</strong> colori (il panno su cui riposa sembra seta viva, il pie<strong>di</strong>no<br />

infonde un’ombra nella veste rossa della Madonna, che mostra <strong>di</strong> serrare<br />

le ginocchia lentamente). Eppure, l’altro pargoletto <strong>di</strong> Stefano Parenti<br />

emana una tenerezza senza smancerie; è unfanciullo inconsapevole della<br />

sua potestà regale, ma la sua è un’esperienza vera, esitante per il primo <strong>di</strong>stacco<br />

dalla protezione materna.<br />

L’“Assalto dei capitani spagnoli al monastero” è trattato con uno spirito<br />

<strong>di</strong>verso, <strong>di</strong> curiosità non devozionale; i soldati sono piacevoli (si riferiscono<br />

generalmente al pittore fiorentino Benedetto Veli) con le loro armature<br />

scintillanti e agghindate, coi loro stacchi pittorici ed emotivi. Ma<br />

qui il Veli osa dar fantasia ad un’eccitazione tutt’altro che innocente: le<br />

suore ripetono il sembiante <strong>di</strong> Caterina da Siena come l’aveva visto il leonardesco<br />

Sodoma, sono frementi <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> fragilità alpunto giusto, sì<br />

che i vanagloriosi capitani, tranne uno in pie<strong>di</strong> sulla destra, che sembra<br />

già pentito, possano inarcare le gote e artigliare le mani, pregustando una<br />

preda così delicata e in<strong>di</strong>fesa.<br />

La sala <strong>di</strong> lavoro: uno spazio <strong>di</strong> luminosa attività e<strong>di</strong> ragionamento ascetico per<br />

una città protetta da Dio<br />

Che le suore <strong>di</strong> S. Vincenzo non fossero state angariate e predate dagli<br />

Spagnoli nel 1512, lo si deduce dal fatto che in quello stesso anno si<br />

cominciò acircondare l’orto <strong>di</strong> mura, ad innalzare il recinto del coro, a<br />

<strong>di</strong>stribuire gli usi domestici con l’acquisto <strong>di</strong> altre case a ponente; inoltre,<br />

come racconta nella sua cronaca del convento e della vita <strong>di</strong> Caterina de’<br />

Ricci Serafino Razzi, ogni anno, il 29 <strong>di</strong> agosto, la Madonna dei papalini<br />

era portata in processione come liberatrice lungo i confini delle vie circostanti,<br />

tanto che le case intorno erano piene <strong>di</strong> gente accorsavi “per osservare<br />

la devota comitiva, che apparisce or qua or là, passando lungo le<br />

finestre, o mostrandosi sopra gli sparsi terrazzi eiveroni del chiostro”.<br />

Questa riconoscenza, sostenuta anche da un ritorno non inglorioso che la<br />

comunità aveva celebrato nell’ottobre del 1530, dalla città <strong>di</strong>Firenze, dove<br />

si era rifugiata per essere prossima all’estrema <strong>di</strong>fesa della Repubblica<br />

fiorentina contro l’esercito imperiale, ebbe il potere <strong>di</strong> interiorizzare nel<br />

lavoro la città cristiana a cui le vincenziane aspiravano, ammaestrate per<br />

lungo tempo dai <strong>di</strong>scepoli del Savonarola.<br />

Il fervore costruttivo si componeva con l’ascesi; fatti venire valenti<br />

architetti, “Caterina andò processionalmente al luogo dei fondamenti”, e<br />

dopo aver proceduto a gettarvi le prime pietre e le reliquie dei santi,

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