Bollettino Roncioniano - PO-Net Rete Civica di Prato
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Una visita al monastero <strong>di</strong> San Vincenzo Ferreri in <strong>Prato</strong> 61<br />
bra rassicurante, anche se le contratture estatiche del volto e delle mani<br />
potevano coglierla ovunque. Non l’avranno forse turbata i <strong>di</strong>pinti posti<br />
ai fianchi dell’altare, opere <strong>di</strong>chiaratamente eclettiche, dettate da un’esigenza<br />
<strong>di</strong> ricordo fiorentino 4 .Asinistra, nella “Incoronazione della Vergine<br />
assunta”, piuttosto che il sepolcro vuoto <strong>di</strong> Maria piaceva a Caterina<br />
un atletico Tommaso, la cui veste fiammante era quasi l’esclamazione<br />
<strong>di</strong> un pentimento sbigottito. Sulla destra, neppure il Cristo portacroce<br />
aiutato dal Cireneo, ripreso da una ben più lunatica storia eseguita<br />
dal Pontormo per la Certosa <strong>di</strong> Firenze, poteva trasmettere la presenza<br />
del Dio. Ma il Crocifisso piantato al centro, donato alle suore da una famiglia<br />
fiorentina intorno al 1560, con uno sguardo che soggiogava e<br />
comprimeva il suo lamento, tutt’altro che mite, come lo giu<strong>di</strong>cavano<br />
alcuni, dovette fare a suor Caterina un’impressione <strong>di</strong> entusiasmo e <strong>di</strong><br />
paura insieme.<br />
4 Oggi si vedono numerosi quadri del Cinquecento e del Seicento lungo le pareti del Coro,<br />
alcuni con manierate cornici da stu<strong>di</strong>o. Soprattutto si <strong>di</strong>stingue un gruppo <strong>di</strong> opere, <strong>di</strong> mano<br />
<strong>di</strong> Lorenzo Lippi, che si credono anteriori alla tela a lui riferita in Sant’Agostino, con la “Elemosina<br />
<strong>di</strong> San Tommaso da Villanova”. Com’è felice la parsimonia <strong>di</strong> questo pittore, che per<br />
ogni soggetto sembra potare a lungo l’intreccio della storia con forti pause drammatiche! Per<br />
esempio, nella “Flagellazione” che è sulla parete sinistra, domina una suggestione caravaggesca<br />
nella torsione e caduta del Cristo legato alla colonna. In tale umiliazione si sente che il Lippi è<br />
come soggetto ai ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> qualche “Vita” <strong>di</strong> Caterina de’ Ricci, anche se il Bal<strong>di</strong>nucci assicura<br />
che lo scatto drammatico deriva da un suo precedente quadro con San Sebastiano, «in atto <strong>di</strong><br />
cadere semivivo verso la terra, e colla gravezza del proprio corpo far violenza alle braccia ed a’<br />
polsi».<br />
Più duratura è lasuggestione <strong>di</strong> un altro <strong>di</strong>pinto dello stesso autore, “Santa Caterina<br />
d’Alessandria”, un frutto colto come in sogno, con quella preghiera mentale che la chiesa della<br />
Riforma Cattolica raccomandava; la santa appare sorpresa, ma non stornata dall’accettazione del<br />
martirio; e mentre il carnefice si tende in vigoria giovanile per rendere efficace il colpo, compare<br />
un’alba azzurrina, in<strong>di</strong>fferente e gelida, su delle scarne rocche <strong>di</strong> paese montano.<br />
Su tutta questa galleria colpisce in parete sinistra la tela con “San Carlo Borromeo in<br />
adorazione del Crocifisso”, con una prudenza fermissima del pennello, degna infine della convinzione<br />
<strong>di</strong> Caterina de’ Ricci; essa appartiene certo alla corrente artistica promossa dal vescovo<br />
milanese ed è riferibile allo stesso Lorenzo Lippi, significando una protesta sbalor<strong>di</strong>ta e inespressa.<br />
Noi sappiamo che la santa ebbe modo <strong>di</strong> mettere in guar<strong>di</strong>a il car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Milano da<br />
un attentato che si stava preparando contro la vita <strong>di</strong> lui, ad opera dei canonici <strong>di</strong> S. Maria della<br />
Scala; e nulla vieta <strong>di</strong> pensare che in questa tela l’autore colga il ringraziamento del santo per<br />
lo scampato pericolo. Una così internata preghiera notturna, splendente delle più <strong>di</strong>verse materie,<br />
ma fermissima nella solitu<strong>di</strong>ne del cuore, avrebbe certamente sod<strong>di</strong>sfatto una seguace del<br />
Savonarola. Impressiona anche il costruttivo riflesso del velluto verde sul cassettone, dov’è un<br />
piccolo crocifisso penitenziale; intorno è scomparsa ogni celestiale e parassitaria corte d’angeli<br />
e santi.<br />
Eppure il paramento è solenne, come se l’arcivescovo fosse tornato dalle funzioni cosparso<br />
del suo decoro: è in<strong>di</strong>gnato e affranto; nulla scopre l’emozione, se non la pressione del<br />
ginocchio che si indovina sotto l’amitto, ed il profilo che domanda, cercando la parola: «Ut<br />
quid dereliquisti me?». Intorno è un’oscurità povera <strong>di</strong> tutto, tranne che del cuore arreso nell’offerta<br />
<strong>di</strong> sé. È veramente un esempio <strong>di</strong> castità ideale e formale, che misteriosamente si irraggia<br />
dai precetti del vescovo lombardo.