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Bollettino Roncioniano - PO-Net Rete Civica di Prato

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52 Sergio Nannicini<br />

delle vele, la basilica resta in un ambito <strong>di</strong> celebrazione civica, manca insomma<br />

della trasparenza ultima della visione.<br />

Le sculture concepite quasi come targhe bronzee sotto l’architrave<br />

parietale (quelle <strong>di</strong> Girolamo Ticciati, con “Cristo che appare a S. Caterina”,<br />

“S. Caterina salva un carmelitano in pericolo <strong>di</strong> annegare”, “S. Caterina<br />

guarisce una fanciulla cieca e storpia”), sono almeno in parte <strong>di</strong><br />

un’esecuzione fantasiosa e velocissima, le più vicine allo spirito che per<br />

l’ultima volta la scultura fiorentina volle infondere con violenza ed escogitazione<br />

brillante, a gara con gli artisti romani, nei bronzi or<strong>di</strong>nati dalla<br />

Elettrice Palatina Anna Maria Luisa. Me<strong>di</strong>ante un’aureola ebbra <strong>di</strong> raggi e<br />

<strong>di</strong> nubi il Cristo, sul pilastro a sinistra della nicchia absidale, si piega al bacio<br />

<strong>di</strong> Caterina, in un rilievo capace <strong>di</strong> ingegno sintetico, com’è nel particolare<br />

della veste della santa che si appiglia alla cornice (idea che l’autore<br />

non avrebbe osato per la pala dell’altar maggiore), in modo da dar l’impressione<br />

<strong>di</strong> uno sbigottimento che si rialza e si persuade con paura a rispondere<br />

all’amore dello Sposo <strong>di</strong>vino.<br />

Un <strong>di</strong>verso stile, <strong>di</strong> motivazione popolare, utilizza il Ticciati nell’ulteriore<br />

prova del suo mestiere, con la storia <strong>di</strong> “Santa Caterina che guarisce<br />

la fanciulla cieca e storpia”: qui le figure hanno una consistenza corporea<br />

adatta ad un luogo preciso, dove la virtù della santa non è l’estasi,<br />

ma una sollecitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> poche parole, quasi impaziente <strong>di</strong> tirarsi <strong>di</strong>etro<br />

tutto il convento, pur <strong>di</strong> rispondere ai poveri e ai colpiti da sventura.<br />

Riguardando verso la visione più impegnativa, con il Cristo che si<br />

stacca dalla croce per far riconoscere e contare le sue piaghe a Caterina<br />

presa da stupore, non si riesce ad evitare l’impressione che lo scultore non<br />

abbia osato abbastanza, e ci si rammarica che egli abbia rinunziato al “gettarsi<br />

fierissimo” del Crocifisso <strong>di</strong> Giovanni Battista Foggini, che certo egli<br />

doveva conoscere. Adotta invece un partito <strong>di</strong> incertezza, bello soltanto<br />

alle prime luci dell’alba, come se il Cristo fosse avvolto da torpore e quasi<br />

vinto e abbattuto dal supplizio sofferto. A questo riserbo contrad<strong>di</strong>cono i<br />

gioiosi angeli, che imprimono la furia della trascendenza.<br />

Resta insomma una perplessità, che viene in mente anche da un confronto<br />

con un altro miracolo della Beata Caterina, fuso in bronzo da<br />

Massimiliano Soldani Benzi per l’Elettrice Palatina (si trova a Firenze,<br />

presso il principe Tommaso Corsini); ecco, in questo rilievo, il Cristo si<br />

stacca con veemenza, e la Beata si torce in avanti, presa da spavento. Certo,<br />

la scelta psicologica e <strong>di</strong> gusto che il Ticciati ha fatto per un rito monastico<br />

e citta<strong>di</strong>no insieme, comportava una rugiada <strong>di</strong> silente trafittura, e<br />

non un evento drammatico e solitario; tuttavia la ricerca della compostezza<br />

dà origine ad un ristagno nelle mani degli ultimi inventori me<strong>di</strong>cei.

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