dell’Italia meridionale (spesso calabro-siculi), che risalgono verso nord fino ai bacini dei fiumi Bussento, Mingardo e Lambro, come già osservato per alcuni elementi dell’entomofauna terrestre del comprensorio Golfo di Policastro-Monte Bulgheria. Per quanto riguarda l’entomofauna limnica, i settori più interessanti sono invece quello a ridosso delle foci del tratto medio terminale del Fiume Sele anche se in parte esterni ai limiti del Parco. b) Le colline e i massicci. La zona collinare risente, come la pianura, delle attività agricole intensive; queste attività di tipo agricolo e zootecnica incidono sulla biodiversità faunistica incrementando le specie opportunistiche e limitando quelle meno eclettiche. Anche l’equilibrio ecologico ne risente, per cui spesso esplodono le specie maggiormente antropizzate come Passer italiae (Passera d’Italia) e Corvus corone (Cornacchia). Nelle aree collinari troviamo tra i mammiferi il quercino (Eliomys quercinus), il ghiro (Myoxus glis), il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), la martora (Martes martes), il tasso (Meles meles) e il cinghiale (Sus scrofa); più in quota e fino ai massicci si riscontra la presenza del gatto selvatico (Felis silvestris) e del lupo (Canis lupus). Notevole la presenza, per lo più sul piano montano, appena accertata, della lepre appenninica (Lepus corsicanus), emergenza notevole per l’Italia poiché si riteneva estinta, anche se va ancora accertata la sua purezza, per la presenza di lepre comune (Lepus europaeus) introdotta massicciamente in questo secolo, e la dimensione della sua popolazione. Passeridi, turdidi, corvidi, paridi, fringillidi, emberizidi e silvidi sono le famiglie che meglio caratterizzano il mosaicismo che si riscontra nelle aree più antropizzate, dall’urbano puro del centro storico all’agricolo lasso situato alla periferia delle aree boscate. Si può così inquadrare un gradiente di comunità ornitiche che segue sia un profilo antropico (centro urbano – area agricola – area naturale) che altitudinale. Tra gli uccelli legati più strettamente ai boschi, e alle radure che tra essi si sono formate, vanno come citati l’astore (Accipiter gentilis), la colombella (Columba oenas), il picchio rosso mezzano (Dendrocopos medios), il rarissimo picchio nero (Dryocopus martius) minacciato dai continui tagli delle fustaie, il luì verde (Phylloscopus sibilatrix), il ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula). Oltre ad altre specie più comuni sulle radure e sui pianori si osserva l’averla piccola (Lanius collurio), specie attualmente in trend negativo. Tra i rettili si ritrovano la lucertola muraiola (Podarcis muralis), l’orbettino (Angius fragilis), il raro colubro liscio (Coronella austriaca) e la vipera comune (Vipera aspis). Particolare l’equilibrio su M. Motola con la ricca ornitofauna, in particolare di Paridae e Fringillidae, legata alle abetine. Sulle pareti rocciose delle gole sugli Alburni e sul Cervati, in particolare, si notano piccole colonie di gracchi corallini (Pyrhocorax pyrrhocorax). La presenza dell’aquila reale (Aquila chysaetos), da poco tornata a nidificare, indica che migliorando le reti trofiche ai bassi livelli ecologici è possibile riequilibrare il sistema. Discreta è l’abbondanza della poiana (Buteo buteo), del gheppio (Falco tinnunculus) e del nibbio reale (Milvus milvus), specie nei valloni; nei pratelli in quota si ritrovano tipicamente Motacillidi e Prunellidi, unitamente a una rilevante diversità di lepidotteri e imenotteri, e a un particolare Scincide, la luscengola (Chalcides chalcides), mentre sulle pietraie, particolarmente quelle calcaree, si osservano Turdidi come il culbianco (Oenanthe oenanthe) e la monachella (Oenanthe hispanica), tipici di queste zone dell’Appennino. In questi ambienti si ritrova un’altra specie di alto valore faunistico come la coturnice, Alectoris graeca; è attualmente da determinare il suo status tassonomico per cui le popolazioni cilentane, le uniche in <strong>Campania</strong>, e probabilmente le uniche ancora geneticamente integre nel Sud, potrebbero essere definite a un livello di sottospecie. Un esempio di questi ambienti lo troviamo a 62
Campolongo e al Campo di Filano. Nei pozzi sia del Massiccio degli Alburni che del Gelbison-Cervati, è possibile osservare due specie di Anfibi, il tritone crestato (Triturus carnifex) e il tritone italiano (Triturus italicus). 63
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Per tutto l'anno in corso è contin
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Cervus elaphus, Capreolus capreolus