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Relazione illustrativa - Programmazione Unitaria Regione Campania

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4.3.2. L’attività zootecnica<br />

Dal punto di vista della zootecnia, analizzando i dati ISTAT 1990 sulle aziende del settore,<br />

si evince che la dimensione media degli allevamenti nel Parco è molto piccola, e di<br />

conseguenza le aziende sono scarsamente competitive. Questo dato ben rappresenta la<br />

situazione presente soprattutto negli allevamenti bovini (10 capi /azienda).<br />

L’allevamento bovino è diffuso in quasi tutto il Parco del Cilento e Vallo di Diano con<br />

4.258 allevamenti e 42.468 capi di cui 41.913 vacche (Istat, 1990).<br />

Nell’area della collina litoranea è diffuso l’allevamento bufalino che alimenta in maniera<br />

prevalente la filiera della “Mozzarella di Bufala Campana” della vicina Piana del Sele.<br />

La situazione non cambia molto per gli allevamenti ovini e caprini che risentono anch’essi<br />

delle difficoltà legate alla modesta dimensione degli allevamenti (21 capi per gli ovini e 6<br />

capi per i caprini). L’allevamento ovi-caprino è diffuso soprattutto nelle aree interne<br />

collinari. Un aspetto particolare è legato all’allevamento della razza autoctona della capra<br />

cilentana, il cui latte è utilizzato per la produzione di due prodotti tipici del Cilento: la<br />

“ricotta secca” ed il “cacio ricotta del Bussento”.<br />

Allevamenti per tipo nei Comuni del Parco<br />

Capi aziende capi/aziende<br />

Bovini e bufalini 42.468 4.258 10,00<br />

di cui Vacche 41.913 4.249 9,80<br />

di cui Bufalini 555 9 61,60<br />

Suini 22.530 10.251 2,20<br />

Ovini 37.021 1750 21,15<br />

Caprini 33.789 5.504 6,14<br />

Equini 2.074 1.633 1,27<br />

Avicoli 241.915 12.149 20,00<br />

Fonte Censimento Istat 1990<br />

4.3.3. La selvicoltura<br />

Nel settore selvicolturale, che costituisce una non trascurabile componente del settore<br />

produttivo primario la gestione pubblica del territorio ha finito per disincentivare<br />

l’impresa, rinunciando di fatto al contributo di produzione di beni pubblici, per muoversi<br />

nella direzione fallimentare di difesa ex-post e della riparazione dei danni di un utilizzo<br />

incontrollato della parte privata. Baste tener conto che sulla superficie complessiva del<br />

Parco di 178.300 ettari, le aree coperte da foreste sono circa il 41% (oltre 74.000 ha) e di<br />

queste due terzi circa sono di proprietà pubblica. Una tale dimensione, pari a circa un<br />

quarto dell'intera superficie boscata dalla <strong>Campania</strong>, è tanto più importante se si tiene<br />

conto della forte contrazione della superficie boscata nella regione, diminuita tra i<br />

censimenti '86 e '96 di quasi il 25% a causa in gran parte di incendi, quasi interamente<br />

concentrati nelle proprietà pubbliche.<br />

Le condizioni vegetative dei boschi del Parco sono buone e la marcata diversificazione<br />

delle specie costituenti consente una maggiore difesa nei confronti sia degli agenti biotici<br />

che abiotici. Attualmente i boschi sono poco sfruttati, ed in alcuni casi hanno raggiunto un<br />

elevato grado di invecchiamento e degrado. La cessazione della pratica dell’uso civico di<br />

legnatico, associata al mancato sfruttamento economico, per la già citata mancanza di piani<br />

economici forestali locali, nonché per la scarsa economicità dei tagli, hanno comportato il<br />

progressivo deperimento di questi boschi. I problemi maggiori si verificano non tanto per<br />

le fustaie d’alta quota, ove gli esemplari adulti riescono ad esercitare un sufficiente<br />

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