Aree umide imp - Assessorato Territorio ed Ambiente
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CONCLUSIONI<br />
di un’altra, sono talmente tanti e fantasiosi da non poter essere ricompresi in uno strumento<br />
fr<strong>ed</strong>do e razionale quanto quello menzionato.<br />
Resta solo la possibilità di usarlo per valutare quanto la scelta definitiva si discosti da quella<br />
puramente tecnica. Su questa base, per esempio, si è potuto accertare che l’area di Cà di Mezzo<br />
è stata localizzata bene rispetto alle altre opzioni possibili.<br />
L’evoluzione del pensiero riguardante la ricostruzione delle aree <strong>umide</strong> ha seguito un percorso<br />
semplice che ha origine nell’area umida ricostruita pensata come alternativa o, nella migliore<br />
delle ipotesi, integrativa di uno o più <strong>imp</strong>ianti di depurazione. In tale senso la ricostruzione di<br />
un’area umida era vista come la costruzione di un <strong>imp</strong>ianto con tecnologia di depurazione più<br />
‘verde’ degli <strong>imp</strong>ianti tradizionali e l’enfasi era posta sulle rese di depurazione ottenibili. Il risultato,<br />
anche solo sotto il profilo estetico, è stato un’area realizzata con dei bacini squadrati,<br />
funzionali ai processi, simili a bacini di depurazione. Le Meleghine si presentano infatti con bacini<br />
rettangolari e con profili degli argini molto ripidi cosicché paesaggisticamente il pregio dell’area<br />
è lasciato prevalentemente alla vegetazione che lo occupa. L’evidenziarsi in quest’area<br />
umida di problematiche di erosione delle sponde, ci insegna, tra l’altro, come sia <strong>imp</strong>ortante e<br />
delicata l’analisi delle proprietà dei suoli e la scelta delle pendenze.<br />
Il passo successivo nell’evoluzione concettuale è rappresentato dall’area di Castelnovo Bariano<br />
dove si riconosce la finalità dimostrativa legata al recupero della qualità delle acque superficiali<br />
e non di quelle provenienti da scarichi civili o industriali. Anche dal punto di vista del disegno<br />
planimetrico l’area di Castelnovo Bariano rappresenta la transizione. In essa coesistono infatti<br />
i canali lunghi e stretti con argini ripidi dove i parametri costruttivi sono ottimizzati, a fianco delle<br />
aree meandrate e dolcemente degradanti. La differenza è facilmente apprezzabile e salta all’occhio<br />
di tutti i visitatori che possono valutarla volgendo lo sguardo ora a valle ora a monte<br />
dell’argine che divide le due serie di bacini che costituiscono l’area umida.<br />
La terza delle aree <strong>umide</strong> ricostruite, presentate in questo rapporto, rappresenta un’ulteriore<br />
tappa dell’evoluzione progettuale. Essa si presenta totalmente realizzata con meandri e forme<br />
sinuose anche se gli argini non rispecchiano ovunque le pendenze ideali suggerite nel rapporto.<br />
La tradizione progettuale, si sa, è lunga a morire e talvolta sgorga spontanea <strong>ed</strong> incontrollabile<br />
e si trasforma in realtà per mano di <strong>imp</strong>rese costruttrici che sembrano incr<strong>ed</strong>ule<br />
di fronte a ciò che stanno costruendo.<br />
La lezione che si trae dall’analisi retrospettiva di questo percorso di maturazione è semplice:<br />
il disegno, sia planimetrico, sia altimetrico deve essere il più naturale possibile non solo perché<br />
l’occhio vuole la sua parte, ma perché accresce le rese dei processi, aggiunge al progetto<br />
valori diversi da quelli del disinquinamento rispettando il dettato della progettazione multifunzionale.<br />
La stranezza della ricostruzione di queste aree <strong>umide</strong> è emblematicamente contenuta nelle parole<br />
spontanee di un vecchio guardiano idraulico di un Consorzio di Bonifica che ha avuto l’opportunità<br />
di realizzare una di queste opere. Il guardiano idraulico si rivolgeva al suo ingegnere<br />
capo guardando la ruspa che spianava l’area per piantare le cannucce dicendo: “Ingegnere,<br />
non capisco più nulla, per una vita ho falciato la cannuccia in tutti i nostri canali e ora che<br />
sto per andare in pensione devo ripiantarla. Mi spieghi, ingegnere, che cosa sta succ<strong>ed</strong>endo!”.<br />
Questo stupore come la difficoltà espressa dalle <strong>imp</strong>rese realizzatrici di capire che cosa si sta<br />
realizzando, e perché lo si realizza in un certo modo, è stata fonte di ripetute difficoltà nella<br />
fase di costruzione e di conflitti, naturalmente solo culturali, che si accendevano tra l’anima naturalista<br />
e quella ingegneristica dei progettisti.<br />
La lezione che si trae facilmente da questa esperienza è di spendere tutto il tempo necessario<br />
per spiegare i motivi per cui si propongono le scelte progettuali riportate in questo rapporto e<br />
per accertarsi che essi non solo siano compresi ma anche condivisi, e qui sta il difficile. 107