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Aree umide imp - Assessorato Territorio ed Ambiente

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LINEE GUIDA PER LA RICOSTRUZIONE DI AREE UMIDE<br />

PER IL TRATTAMENTO DI ACQUE SUPERFICIALI<br />

In pratica solo la consapevole convinzione che ciò che si sta realizzando è utile e il modo in<br />

cui lo si sta realizzando è giusto, garantisce la buona esecuzione delle opere.<br />

Ancora una riflessione sull’ingegneria.<br />

I progetti sono realizzati, generalmente, da ingegneri idraulici con la partecipazione di esperti<br />

di altre discipline, e vengono giudicati, approvati e collaudati da altri ingegneri. Non c’è da<br />

stupirsi quindi se nei progetti gli aspetti biologici, naturalistici e ricreazionali sono relegati normalmente<br />

in secondo piano. E non c’è neanche da stupirsi se le opere di ingegneria seguono<br />

canoni e dimensionamenti che potrebbero essere più adatti ad opere di contenimento delle<br />

piene che ad opere di riduzione dell’inquinamento e di rinaturalizzazione.<br />

E’ in questo contesto che va ricercato il generale motivo del sovradimensionamento delle opere<br />

d’arte realizzate nelle aree <strong>umide</strong> descritte nel rapporto. Alla luce delle esperienze acquisite,<br />

gli argini divisori interni all’area umida sono risultati, come pure le chiaviche interne, largamente<br />

sovradimensionati e pronti a sopportare spinte <strong>ed</strong> infiltrazioni che nella realtà difficilmente<br />

si potranno presentare e comunque evitabili con una gestione dei livelli. Al cemento<br />

armato dei manufatti interni all’area umida, con il senno del poi, si potrebbero sostituire strutture<br />

più leggere e di minor <strong>imp</strong>atto ambientale, magari in legno e materiali più tradizionali.<br />

Agli argini alti, pronti a separare con qualsiasi livello i bacini interni, si possono sostituire argini<br />

più bassi e dolcemente sagomati che durante le piene possono essere sommersi senza subire<br />

danni e ridurre l’efficacia dei trattamenti che in quei momenti è affidata quasi solo esclusivamente<br />

al processo di s<strong>ed</strong>imentazione. Le recenti e prolungate piene del Po hanno dimostrato<br />

che la sommersione degli argini dell’area di Castelnovo Bariano non arreca pregiudizi<br />

alla loro stabilità. Pertanto si suggerisce di insistere con i progettisti perché adottino soluzioni,<br />

per argini e manufatti, meno possenti e più rispettosi delle esigenze del paesaggio.<br />

Il trapianto delle Phragmites costituisce un’altra storia interessante da raccontare. Premesso che<br />

il trapianto della canna non è strettamente necessario poiché in molti casi questa specie è autoctona<br />

<strong>ed</strong> infestante per cui entrerebbe da sola nell’area umida e prenderebbe il sopravvento<br />

sulle altre specie pioniere o acquatiche in competizione, bisogna dire che la canna viene<br />

piantata solo per accelerare il processo di rinaturalizzazione che altrimenti prenderebbe più<br />

di un decennio e per rendere efficace l’opera nel più breve tempo possibile. Date le dimensioni<br />

delle aree da piantare non si può pensare di servirsi di canne presenti nelle vicinanze del sito<br />

di costruzione anche se normalmente presenti, e si deve ricorrere alla coltivazione delle piante<br />

in quantità ragguardevoli (decine di migliaia alla volta). La coltivazione della canna ha presentato<br />

molti inconvenienti ai quali si è cercato inizialmente di ovviare con un approfondito<br />

studio delle esperienze prec<strong>ed</strong>enti, della biologia della pianta stessa e con una sperimentazione<br />

di tutte le tecniche possibili in scala pilota. Dopo la fase di studio sono state provate su<br />

scala reale il trapianto per talea, per rizoma e per seme coltivato in serra su pani di terra. L’ultima<br />

tecnica ha dato i risultati migliori e si è dimostrata quella più flessibile e di migliore resa.<br />

La flessibilità è un requisito indispensabile perché l’epoca del trapianto difficilmente coincide<br />

con quello della fine dei lavori di movimento terra e quindi bisogna aspettarsi ritardi anche<br />

consistenti nell’inizio del trapianto anche fuori dalla stagione ottimale. Per questo motivo la tecnica<br />

della pianta con pane di terra è la più idonea ad essere adottata.<br />

Ma la cosa non è semplice e non solo tecnica, alle difficoltà di piantare decine di migliaia di<br />

piante ‘strane’ vanno anche aggiunte, per esempio, le difficoltà incontrate con uno dei vivaisti<br />

che hanno partecipato ad uno dei progetti illustrati. Le insistenti raccomandazioni rivolte dai<br />

progettisti al vivaista perché facesse attenzione alle modalità del trapianto e seguisse la tecnica<br />

con il pane di terra, nulla hanno potuto contro la presunzione di saper produrre la Phragmites<br />

perché si sapevano produrre altre piante da giardino. I rizomi sono stati interrati in primavera<br />

inoltrata, per aver sottostimato i tempi di germogliazione e la stagione siccitosa ac-

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