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Oltre l'austerità - Cesaratto - cambiailmondo

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<strong>Oltre</strong> l’austerità 106 MicroMegaruolo frenante – nonostante l’evoluzione della distribuzione del reddito lasciasse pensareche di questo pubblico sostegno vi fosse crescente bisogno. Ho detto in apparenza perchéanche i ruggenti anni novanta sono stati anni keynesiani, ma di un keynesismo inedito,gestito privatisticamente, tutto centrato sul settore finanziario e sul debito delle famiglie,rivelatosi insostenibile nel più lungo periodo, come la crisi finanziaria si è incaricata dimostrare. Affermare oggi negli Stati Uniti che la politica fiscale a fini anticongiunturalifunziona significa soprattutto affermare la necessità di tornare alla gestione pubblica delladomanda aggregata, considerando non ripetibile un esperimento che ha finito per crearepiù problemi di quanti ne abbia risolti. Da questo punto di vista, il riferimento ai ‘dettaglidella manovra’ non va inteso nel senso di attenuare il caso keynesiano. Che gli effetti sulladomanda aggregata di diverse manovre di spesa e d’imposta siano molto differenziati aseconda della composizione della manovra stessa è infatti un punto profondamentekeynesiano. Sarebbe ad esempio difficile pensare che ulteriori riduzioni delle giàbassissime imposte sui redditi da capitale possano avere un qualche effetto espansionisticosulla produzione: nella misura in cui ad essere toccato dalla riduzione delle imposte non èil reddito disponibile delle famiglie meno abbienti, e quindi più propense alla spesa,l’effetto complessivo sui livelli di attività risulta affievolito, se non del tutto assente. Ed èproprio l’amministrazione statunitense a rilevare che ‘i tagli d’imposta avviati nello scorsodecennio, incluso quelli sugli individui più ricchi, hanno ridotto le entrate fiscali a livellistoricamente bassi’. Sottolineare come ‘i profondi tagli dell’imposta sul reddito e sulpatrimonio, inizialmente attuati nel 2001 e 2003, hanno ridotto le entrate e aumentato lespese per interessi di 3 trilioni di dollari tra il 2001 e il 2011’ significa considerare nonripetibile anche l’esperimento del keynesismo per super ricchi dell’ultimo decennio.Diverso, ed in parziale contraddizione con quanto rilevato, è il discorso relativoall’idea che il moltiplicatore delle imposte sia più grande di quello della spesa. Dalla teoriakeynesiana, anche qualora si considerino i soli effetti della manovra di bilancio sulladomanda aggregata, deriva un favore nei confronti delle manovre di spesa. Una riduzionedi pari ammontare di spesa pubblica e imposte è recessiva, non espansionistica. Qui sitocca il punto dolente del nascente consenso keynesiano. Il taglio delle imposte ha sempreofferto un momento di contatto tra keynesismo ed anti-keynesismo, consentendo allepolitiche di domanda di andare a braccetto con l’ideologia offertista. Il contatto è effimero,però, perché una cosa è il taglio d’imposta attuato finanziando a debito la spesa (omonetizzandola), altra cosa è il taglio d’imposta come momento disciplinare e precursore

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