<strong>Oltre</strong> l’austerità 164 MicroMegaCentrale Greca di aver approfittato del periodo di transizione tra il governo dicentrodestra, dimissionario nel settembre 2009, e l’esecutivo socialista eletto in ottobre manon ancora insediatosi, per modificare – fuori da ogni dialettica politica – le regole delmercato HDAT, introducendo una particolare misura che avrebbe amplificato la potenza difuoco della speculazione sui titoli greci. La speculazione ribassista trae profitto dallavendita di un titolo e dal successivo riacquisto del medesimo ad un prezzo inferiore,determinatosi proprio in virtù della massa di vendite iniziale: maggiore è la spinta alribasso che si produce nell’intervallo di tempo che separa la vendita iniziale dal riacquisto,maggiore sarà il profitto speculativo. La Banca Centrale Greca ha ampliato, a partire dalnovembre 2009, quell’intervallo di tempo da tre a dieci giorni: se prima gli speculatoripotevano spingere al ribasso i prezzi per soli tre giorni, e poi erano costretti a ‘coprire’ lapropria posizione, riacquistando i titoli venduti, le nuove regole consentivano dimantenere la posizione ‘scoperta’ per dieci giorni consecutivi, e dunque di produrre unaspinta al ribasso prima impensabile. Quella spinta, di natura speculativa ma resa possibiledalla misura introdotta dall’autorità monetaria, può essere collocata all’origine delladinamica degli spread 6 .Mentre il Financial Times presenta la mossa della Banca Centrale Greca come ungoffo errore, sostenendo che l’autorità monetaria ellenica “potrebbe averinvolontariamente contribuito ad innescare la svendita dei titoli pubblici greci”, ilcontributo di Maffeo ci suggerisce un diverso punto di vista, che tende ad attribuire unaprecisa volontà politica all’operato delle autorità monetarie europee. La Banca CentraleGreca sembra infatti aver deliberatamente spalancato le porte del mercato HDAT allaspeculazione, nel tentativo – perfettamente riuscito – di sfruttare l’onda ribassistapresente sui listini dell’eurozona per esercitare una pressione sul neoletto governo. Quellapressione ha effettivamente gonfiato il costo del rifinanziamento del debito pubblico inscadenza, portandolo a livelli inaccettabili e dunque spingendo il nuovo esecutivo adaccettare le condizioni dettate nel Memorandum pur di ottenere i fondi necessari. Laresponsabilità dell’autorità monetaria si manifesta limpidamente quando la BancaCentrale Greca introduce, nell’aprile 2010, il divieto delle vendite allo scoperto sul mercato6Nessuno sembra essersi accorto, nel nostro paese, di un successivo articolo del Financial Times incui si rivela, non senza ironia, una curiosa coincidenza. Secondo l’autorevole quotidiano, la Bancad’Italia avrebbe introdotto una misura equivalente a quella, tanto discussa, introdotta in Grecia nelnovembre 2009; tale misura sarebbe stata introdotta nel giugno 2011, ossia proprio nel mese apartire dal quale si è registrata quella spirale nei tassi di interesse sui titoli pubblici italiani che hacosì marcatamente inciso sull’evoluzione politica, economica e sociale del nostro paese.
<strong>Oltre</strong> l’austerità 165 MicroMegaHDAT, e dunque bandisce quelle stesse operazioni che, sei mesi prima, aveva resoinfinitamente profittevoli. Perché introdurre, a pochi mesi di distanza, una misuradiametralmente opposta a quella adottata nel novembre 2009? Molto probabilmente, e quiemerge tutta la dimensione politica dell’operato dell’autorità monetaria, perché tra marzoed aprile del 2010 sono stati raggiunti quegli accordi tra il governo e le istituzioniinternazionali che vincoleranno la Grecia negli anni successivi, e dunque si è esaurita lanecessità di esercitare una simile pressione sull’esecutivo: la banca centrale ha chiuso irubinetti della speculazione non appena la Grecia ha accettato la via dell’austerità.Gli spread possono dunque limitare la sovranità di un paese, se il mercato dei titolipubblici non è sottoposto a rigidi controlli sui movimenti di capitale: un costodell’indebitamento troppo elevato può infatti impedire l’ordinario rifinanziamento deldebito in scadenza, creare un oggettivo problema di liquidità e generare, per questa via,una forma di sudditanza del debitore verso i possibili creditori. Quando, nei primi anniNovanta, l’Italia registrò un significativo incremento negli spread, preludioall’accelerazione del processo di integrazione del paese nell’eurozona, l’economistachiamato dal Parlamento a spiegare il fenomeno, nelle sale di Palazzo Giustiniani, illustròin questi termini la faccenda: “c’è stato poi nel tempo un certo squilibrio tra il grado dipressione o di frusta a cui l’integrazione europea ha sottoposto il settore produttivo, ungrado molto elevato, e il grado di protezione ancora troppo a lungo accordato al settorepubblico, in particolare mettendo il Tesoro al riparo dai venti del mercato attraverso lerestrizioni sui movimenti di capitali. In effetti, è stato solo da quando al Sistema MonetarioEuropeo si è unita la libera circolazione dei capitali che anche il settore pubblico è statoesposto al vento del mercato. Basta pensare oggi a quale ruolo di pressione ha, per ladisciplina della finanza pubblica, la considerazione: . Solo pochi anni fa, in regime di autarchia finanziaria, questolegame non c’era.” 7 Quell’economista era Monti, lo stesso che, per ironia della sorte, sta inquesti mesi pregando le autorità europee perché concedano al suo governo uno ‘scudo antispread’che lo protegga dai “venti del mercato”.7Cfr. Bilancio pubblico e sviluppo economico, Gli incontri di studio a Palazzo Giustiniani,Quaderno n. 4, 1994.