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Oltre l'austerità - Cesaratto - cambiailmondo

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<strong>Oltre</strong> l’austerità 87 MicroMega2.3 Il rapporto tra debito pubblico e prodotto internoAlcune considerazioni, infine, circa la dimensione del debito pubblico. Questa vienecomunemente rapportata al prodotto interno del paese, sebbene non vi sia una specificaragione per adottare tale particolare misura. Per di più, la teoria economica non haindividuato alcun limite superiore della dimensione raggiungibile dal debito pubblico, siaessa assoluta o, appunto, in rapporto al prodotto interno, e questo è vero anche perl’impostazione teorica dominante, al di là degli effetti negativi della spesa pubblica indeficit sugli investimenti privati e sul saldo commerciale con l’estero che in quel contestoteorico discendono dalla condizione di pieno impiuego. Sta di fatto che un obiettivocentrale delle politiche economiche correnti in molti paesi è la riduzione del rapporto inquestione ad un dato (arbitrario) valore, o anche la sua mera stabilizzazione al valore giàraggiunto.Come possiamo vedere nella presente fase storica, le politiche adottate a tali scopiconsistono in aumenti delle imposte e/o tagli alla spesa pubblica, il cui effetto atteso è lariduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno rispetto al valore che siregistrerebbe in assenza di tali politiche. Il presupposto alla base di queste misure èriconducibile all’impostazione teorica dominante, secondo la quale il livello della domandanon costituisca un limite per il livello di lungo periodo, o di trend, del prodottocomplessivo, che resterebbe invece determinato dalle risorse disponibili. Se un effettonegativo delle politiche restrittive sulla domanda aggregata, e quindi sui livelli di output,viene riconosciuto, ad esso è attribuito un carattere meramente temporaneo, nella fiduciache a più lungo termine i meccanismi di mercato ‘naturali’ riporteranno l’economia verso isuoi livelli di attività potenziali. Questa premessa concettuale si manifesta nellaconsiderazione pressoché esclusiva degli effetti che le manovre produrrebbero su deficit edebito pubblico, e, per contro, nella esplicita o implicita assunzione di livelli di attività cheinvece non ne risentirebbero, se non in misura e per periodi limitati. A sostenere questavisione contribuisce la mole di recente letteratura tesa a mostrare che i valori dei‘moltiplicatori fiscali’, e cioè la dimensione degli effetti sul prodotto complessivo dellepolitiche fiscali, sono particolarmente bassi. Tali analisi, spesso condotte in termini di‘simulazioni’, utilizzano in generale sistemi di relazioni propri della teoria neoclassica, e irisultati cui pervengono sono pertanto il prodotto di quella specifica impostazione teorica.Se, per contro, si adotta l’impostazione che vede nella domanda la determinate dellivello del prodotto interno, gli effetti depressivi, di breve e di lungo termine, provocati dapolitiche restrittive emergono nella loro potenziale rilevanza economica e sociale. Non

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