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Oltre l'austerità - Cesaratto - cambiailmondo

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<strong>Oltre</strong> l’austerità 123 MicroMegasottrarrebbe soprattutto risorse all'investimento privato, cioè all'accumulazione di capitalegeneratrice di ricchezza nel lungo periodo.D'altro canto, è opportuno notare che la teoria di Keynes, che criticava questiprincipi mostrando la possibilità che il sistema si situi in equilibri stabili consottoutilizzazione delle risorse e del lavoro (e dunque non ottimali) e affermava pertanto lanecessità e auspicabilità di interventi di politica economica volti a correggere i risultatispontanei del mercato, fu accolta dalla maggior parte della professione semplicementecome una parziale correzione dei risultati della teoria tradizionale piuttosto che una criticaradicale ad essi. Il keynesismo che prevaleva negli anni '50 e '60 e che è stato poi criticato esoppiantato dal monetarismo ammetteva la possibilità che nel breve periodo, soprattuttoqualora intervengano condizioni particolari, le forze spontanee del mercato agiscano conpiù fatica e i risultati raggiunti possano essere temporaneamente lontani dall'ottimo,supponendo però che alla lunga siano le forze autoregolatrici a prevalere. Adesso che laviolenza e la durata della crisi hanno indotto economisti e commentatori a rivedere, siapure parzialmente, la posizione di fiducia pregiudiziale nelle forze di mercato e dipregiudiziale negazione di qualsiasi ruolo positivo dell'intervento pubblico, è al massimoquesta forma di blando keynesismo che viene riscoperta (v. l'articolo di Barba in questovolume): si comincia finalmente a riconoscere, ad esempio, dopo una fase iniziale di cecità,che le politiche di austerità imposte dalle autorità europee ai paesi in difficoltà finanziariepossono avere effetti recessivi ma si suppone che questi siano limitati al breve periodo, eche la contrazione del ruolo dello stato non potrà che sprigionare, nel lungo periodo,stimoli alla crescita. Analogamente, dopo che la crisi del 2007-2008 si era propagataall'Europa con drammatici effetti recessivi nel 2009, autorevoli commentatori, purriconoscendo che i forti deficit pubblici avevano svolto un ruolo positivo cruciale nelbloccare in parte il crollo della domanda privata e nel finanziare le banche epicentro dellacrisi, raccomandavano di iniziare al più presto una politica di riduzione della spesa e dicontenimento dei deficit dato che essi non avrebbero mancato di produrre danni nel lungoperiodo (CESifo, 2010, http://www.cesifo).Dunque non vi è dubbio che il pensiero economico prevalente abbia svolto una parteessenziale nella creazione dell'opinione diffusa avversa all'intervento pubblico (v. l'articolodi Pivetti in questo volume), prestando anche argomentazioni "scientifiche" a unatteggiamento che nasconde spesso ben altre motivazioni. Rimando ad altri articoli diquesto libro (Pivetti, Maffeo, De Vivo) per la lettura delle politiche di austerità e del divietodi finanziare i deficit pubblici mediante l'emissione di base monetaria, sancito dai Trattati

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