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Oltre l'austerità - Cesaratto - cambiailmondo

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<strong>Oltre</strong> l’austerità 27 MicroMegafinanziamento di investimenti a lungo termine. Tutto questo accadeva nell’epoca diBretton Woods quando i flussi internazionali di capitali privati erano fortementecontrollati. Se questo, da un lato, riduceva la possibilità dei PVS di ricorrere afinanziamenti stranieri per lo sviluppo, dall’altro impediva la tentazione alla scorciatoia diinsostenibili indebitamenti esteri stimolando questi paesi a farcela da soli attraverso ilcontrollo pubblico delle risorse disponibili (BOX 2). Dagli anni 1970 comincia il processodi liberalizzazione dei movimenti di capitale in una generale imposizione dell’ideologialiberista ai PVS dell’America-Latina prima, e successivamente anche a molti paesi dell’Asiaemergente (che infatti conobbe il suo “financial crash” nel 1997-98). I primi dueingredienti della sequenza tipica di una crisi debitoria sono dunque la privatizzazione ederegolamentazione dei sistemi finanziari e la liberalizzazione dei movimenti di capitale.Per attirare capitali dall’estero, cioè per convincere stranieri a detenere attività finanziariedenominate in valuta locale, si deve assicurare loro che il tasso di cambio nominale vengatenuto stabile (se uno straniero investe in un titolo denominato in una moneta periferica,intende assicurarsi che quella valuta “mantenga il cambio”). Così fece per esempiol’Argentina all’inizio degli anni 1990, o l’Italia aderendo al Sistema Monetario Europea(SME) nel 1979. Questi elementi, liberalizzazioni e stabilizzazione dei cambi, sono statistoricamente sufficienti a suscitare massicci afflussi di capitale verso i paesi periferici (siveda anche il contributo di Bagnai). Nell’EZ si è andati addirittura oltre abolendo lemonete nazionali. Con quali conseguenze?Secondo la teoria neoclassica tradizionale questi flussi di capitale sono fisiologici frapaesi industrializzati e ricchi di capitale e paesi inseguitori e poveri di capitale. Peresempio, Blanchard e Giavazzi (2002) argomentarono anni fa, quando gli squilibri europeicominciavano a evidenziarsi, che tutto andava bene in quanto la periferia europea avrebbeusato quei capitali per investimenti e crescita. Peccato che, tuttavia, l’esperienza passataabbia insegnato che ciò non accade: i flussi di capitale vanno in genere ad alimentare noninvestimenti produttivi tali da far crescere le esportazioni e la possibilità di ripagare i debiticontratti, ma consumi, e in particolare bolle immobiliari. 1 Questo, come è accaduto inSpagna e Irlanda (fatevi un giro per le periferie di una città spagnola e vedrete quartierifantasma, e se girate per Buonos Aires vi mostreranno i grattacieli frutto di simili eventinell’Argentina di Menem), può anche generare crescita: l’edilizia è infatti un volano1A quanto pare la disponibilità di credito a condizioni più vantaggiose difficilmente suscita spiritiimprenditoriali latenti secondo un diffuso Schumpeterianismo a buon mercato (popolare anchenella nostra sinistra), o stimola investimenti volti ad adottare tecniche produttive a maggioreintensità di capitale come suggerito dall’analisi neoclassica criticata irrefutabilmente da Sraffa.

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