Raccolta opere del concorso - La scuola possibile
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DISCRIMINAZIONE. NO GRAZIE > > > SECONDA SEZIONE > > > NARRATIVA<br />
le imposte, tutte simili fra loro, celavano in realtà esistenze distanti anni luce le<br />
une dalle altre. Il quartiere era tranquillo perché diversità tanto spiccate, in silenzio,<br />
convivevano. Senza che nessuno lo sapesse, una babele di stili di vita si<br />
celava dietro volti contenti, maschere, contente e sicure di essere tutte uguali.<br />
Una mattina, molto tempo fa, senza che mai io più lo sperassi, uscì il sole, illuminò<br />
ogni tetto con una luce tanto chiara che da quelle parti non si vedeva più<br />
da un bel pezzo: un prodigio. Tutti, che erano riservati sì, ma curiosi altrettanto<br />
nella loro repressa conoscenza, spinti dal desiderio di osservare tale miracolo,<br />
aprirono veramente per la prima volta le finestre. Ora davvero, tutti insieme,<br />
spinti da un comune interesse, aprirono se stessi e il proprio mondo al mondo<br />
circostante, scoprendo un universo di colori, di punti di vista, totalmente opposti,<br />
finalmente illuminati dal sole; nessuno ebbe paura anche se non seppero<br />
spiegarsi il perché sorrisero, e furono nella felicità tutti uguali. Ecco, da quel<br />
giorno il quartiere, oltre che essere tranquillo, divenne un bel quartiere.<br />
Ognuno, con il naso finalmente fuori dalla finestra, fuori dal proprio isolamento,<br />
imparava finalmente a guardare con gli occhi, a sentire con il cuore. Si<br />
scoprì che ogni grigio stipite celava una infinita varietà di arredamenti, tappezzerie,<br />
mobilio: tutto ciò che i miei vicini avevano sempre discriminato come<br />
diverso, lo scoprirono in ogni dove, come essenza <strong>del</strong> mondo, colore <strong>del</strong>la vita,<br />
parte e particolarità di ognuno, in ognuno. Solo allora riuscirono a comprendere<br />
che allontanare o avvicinare, emarginare o includere, considerare o meno<br />
le persone per la loro diversità, vorrebbe dire escludere se stessi dal resto <strong>del</strong><br />
mondo, tagliarsi fuori dalla vera società, decidere di chiudere ancora una volta<br />
la finestra, mostrando al mondo la parte peggiore di sé e negando a sé la parte<br />
più bella <strong>del</strong> mondo. Non so ora come sia il mio caro quartiere, che aspetto<br />
abbia; non so se ancora dopo tanti anni, le imposte continuino ad essere aperte,<br />
come aperta un tempo fu la mia; non posso sapere se nuovi raggi di sole continuino<br />
a benedire le teste di quella convertita gente, non posso sapere se invece<br />
nuvole e notti troppo buie siano tornate ad imperare con lo scettro <strong>del</strong>la paura.<br />
Ora vivo in un paese lontano, diverso, dove la vita è solo semplicità: stavolta non<br />
ho infissi alle finestre, non ho porte blindate ai miei ingressi; non voglio correre<br />
il rischio di potermi perdere lo spettacolo <strong>del</strong> sole che vince le tenebre; non<br />
voglio correre il rischio di poter essere inospitale. Vivo in un lungo lontano,<br />
dove pochi hanno saputo raggiungermi, in cui ogni cosa ha un colore diverso<br />
ed ogni proprietario fiero <strong>del</strong>la sua particolarità, accetta il diverso come suo simile,<br />
lo abbraccia e lo invita a sedere, con curioso rispetto, domanda sull’esistenza<br />
di nuovi mondi e, aprendovi così il proprio cuore, li raggiunge davvero.<br />
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…nessuno è normale