Raccolta opere del concorso - La scuola possibile
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loro sguardo è diverso. Ti vedono condannata, maledetta, con un far<strong>del</strong>lo in<br />
grembo da portare per il resto <strong>del</strong>la vita. Più e più volte ho rimpianto l’aborto,<br />
quando vedi che nemmeno tua madre ti vede più come una figlia. Una sera<br />
<strong>del</strong> settimo mese di gravidanza non ressi più la situazione, dovevo evadere,<br />
portare il mio bambino via da quel posto. Era inverno, non avevo dove andare<br />
ma qualunque posto era migliore di quella che una volta chiamavo casa.<br />
Non mi abituai mai al fatto di non avere più nessuno su cui appoggiarmi, ma<br />
fu quello che mi rese davvero forte. Cominciai a fare uso di droghe, prima di<br />
quelle più leggere finché non arrivai a bucarmi la pelle. Sapevo che quello<br />
che facevo era sbagliato, ma era tutto ciò che avevo per stare meglio. Il bambino<br />
nacque il venticinque febbraio. Era la creatura più bella che avessi mai<br />
visto e il solo vederlo mi fece scoppiare il lacrime. Come desideravo non essere<br />
sola, quanto avrei voluto condividere quella sensazione così dolce, ma io<br />
non ero più la stessa. I miei capelli qualche mese prima erano lunghi e dorati<br />
mentre in sala parto corti e neri come la pece, il mio viso era ricoperto da un<br />
trucco scuro che mi colava fin sotto gli occhi e scavato e consumato dalla<br />
droga. Avevo dimenticato tutto ciò che era il mio passato, ero convinta di<br />
non provare più nessuna emozione se non l’amore per mio figlio, fino a quel<br />
maledetto giorno. Ero al supermercato, in fila per pagare alla cassa, quando<br />
un paio di persone dietro di me vidi mia madre. Volevo scappare, non doveva<br />
vedermi, doveva credermi morta. Se mi avesse visto tutto ciò che ero riuscita<br />
a buttare via sarebbe tornato in un lampo più doloroso di prima. Il mio piccolo<br />
cominciò a piangere e mentre mi guardavo intorno per trovare una <strong>possibile</strong><br />
via di fuga ecco che mi caddero tutti i soldi a terra. C’erano spiccioli<br />
sparsi ovunque e allora accadde il peggio: mia madre si chinò a raccoglierli e<br />
per una frazione di secondo il suo sguardo incrociò il mio.<br />
“Tenga”<br />
DISCRIMINAZIONE. NO GRAZIE > > > SECONDA SEZIONE > > > NARRATIVA<br />
Presi i soldi con la mano tremante perché avevo capito che io non ero più sua<br />
figlia. Mi aveva guardata negli occhi e non mi aveva riconosciuta, la sua bambina,<br />
quella che giocava nel parco davanti casa, quella che adorava le bambole<br />
di porcellana, la sua piccola dagli occhi color <strong>del</strong> cielo. Lei che non riusciva a<br />
guardarmi in faccia senza piangere, davvero era lei mia madre? No, non più.<br />
Quando tornai a casa era già buio inoltrato e solo qualche stella emanava un<br />
flebile spiraglio di luce ad illuminarmi la stanza. Io non dimentico tutto quello<br />
83<br />
…nessuno è normale