Sardegna Economica, N. 1/2011 - Università degli studi di Cagliari.

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Documenti tore” del settore pubblico, dove il fenomeno è assente. Se si considera solo la parte di attività di mercato, cioè quella svolta dalle imprese, il peso del valore aggiunto sommerso in questo settore si attesta sul 29,9 per cento nel 2000 e sul 27,1 per cento nel 2008. Il lavoro non regolare Il concetto di occupazione regolare e non regolare è strettamente connesso a quello di attività produttive osservabili e non osservabili considerate ai fini del calcolo del Pil. Sono definite regolari le prestazioni lavorative registrate e osservabili sia dalle 100 Sardegna Economica 1/2011 Nel 2008, se consideriamo solamente l’economia di mercato, al netto della Pubblica amministrazione, il peso del sommerso è del 20,6 per cento, contro il 17,5 per cento calcolato sull’intera economia. Tab. 3 - Valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico per settore di attività economica. Anni 2000-2008 Anni 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Agricoltura Industria Servizi Milioni di euro % sul valore Milioni di euro % sul valore Milioni di euro % sul valore aggiunto ai aggiunto ai aggiunto ai prezzi al pro- prezzi al pro- prezzi al produttore della branca duttore della branca duttore della branca 8.047 8.188 7.739 7.606 8.463 8.321 8.622 9.102 9.188 29,7 29,9 28,4 27,5 29,5 31,1 31,5 32,4 32,8 Ipotesi massima 47.995 53.071 53.216 50.630 48.520 45.784 47.493 49.698 52.881 istituzioni fiscali-contributive sia da quelle statistiche e amministrative. Si dicono non regolari le prestazioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative 3 . 3 Le stime dettagliate per settore di attività economica sulle diverse misure del lavoro non regolare sono disponibili sul sito dell’Istat all’indirizzo http://www.istat.it/dati/dataset/20100 1 _00. Le stime sono state presentate il 15 aprile del 2010 dal Presidente dell’Istituto di Statistica Prof. Enrico Giovannini nel corso di un’Audizione presso la Camera dei Deputati (XI Commissione permanente “Lavoro pubblico e privato”) finalizzata allo svolgimento di un’indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera). 14,0 14,9 14,6 13,7 12,7 11,7 11,6 11,6 12,4 171.952 184.691 180.075 189.330 195.081 199.991 203.470 207.494 212.978 23,2 23,5 21,9 22,1 21,8 21,7 21,3 20,9 20,9
Rientrano in tale categoria le prestazioni lavorative: 1) continuative, svolte non rispettando la normativa vigente; 2) occasionali, svolte da persone non attive in quanto studenti, casalinghe o pensionati; 3) svolte dagli stranieri non residenti e non regolari; ) plurime, cioè le attività ulteriori rispetto alla principale e non dichiarate alle istituzioni fiscali. Il ricorso al lavoro non regolare da parte delle famiglie e delle imprese caratterizza il mercato italiano da diversi decenni. Nel 2009 sono circa 2 milioni e 966 mila le unità di lavoro non regolari occupate in prevalenza come dipendenti (circa 2 milioni e 326 mila rispetto alle 6 0 mila unità di lavoro indipendenti), in crescita rispetto al 2008 (2 milioni e 958 mila unità di lavoro circa) (Tabella ). Dal 2001 al 2009 si assiste ad una riduzione delle unità di lavoro non regolari e ad una crescita corrispondente di quelle regolari. Oltre a fattori strettamente legati all’andamento del sistema economico, le diverse dinamiche del lavoro regolare e non regolare sembrano essere riconducibili anche ad interventi normativi, rivolti sia al mercato del lavoro che a regolamentare il lavoro degli stranieri non residenti sul territorio. A partire dagli inizi degli anni Duemila la normativa sul lavoro è cambiata in modo considerevole, offrendo alle imprese la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile, sia in termini di durata del contratto che di orario di lavoro. Le nuove tipologie contrattuali, come ad esempio il lavoro interinale e il lavoro a termine, hanno consentito di incrementare il livello dell’occupazione dipendente regolare, a fronte di un decremento di quella Documenti non regolare. Inoltre, gli strumenti normativi che regolano il lavoro atipico hanno avuto un impatto rilevante sul lavoro indipendente: il ricorso da parte delle imprese ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ha contribuito alla crescita del lavoro autonomo almeno fino al 2003, ma a partire dal 200 la legge 30/2003 e il decreto attuativo 276/2003, con l’introduzione delle collaborazioni a progetto, hanno determinato una contrazione del lavoro autonomo regolare poiché, introducendo requisiti più restrittivi, ne hanno limitato l’utilizzo come forma sostitutiva di contratti di lavoro dipendente. Gli interventi legislativi volti a sanare l’irregolarità lavorativa degli stranieri extra-comunitari hanno contribuito a ridurre il lavoro non regolare dei dipendenti. La legge Bossi- Fini del 2002 ha consentito, in particolare, la regolarizzazione di circa 600 mila stranieri. I successivi decreti governativi, con la definizione delle quote di ingresso annuali fino al 2007, hanno costituito per i lavoratori stranieri ulteriori occasioni di passaggio da una condizione di non regolarità ad una condizione di regolarità sia da un punto di vista della presenza sul territorio sia lavorativa. Gli effetti di contenimento del lavoro non regolare determinati dai differenti strumenti normativi emergono ad un esame più dettagliato delle componenti del lavoro non regolare. La metodologia di stima dell’input di lavoro non regolare consente, infatti, di individuare separatamente tre diverse tipologie occupazionali: - gli irregolari residenti, ossia le persone occupate, sia italiani che stranieri iscritti in La legge è articolata in due provvedimenti legislativi: il primo riguardante principalmente collaboratrici domestiche e badanti (legge 30 luglio 2002, n. 189) e il secondo riguardante i dipendenti di imprese operanti nel settore dell’industria e dei servizi (decreto legge 9 settembre 2002, n. 195 convertito con legge 222/2002). Sardegna Economica 1/2011 101
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