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Sardegna Economica, N. 1/2011 - Università degli studi di Cagliari.

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In Biblioteca<br />

che anche quest’A. si avvicina alla tesi del “grande inganno” <strong>di</strong><br />

Francesco C. Casula, scrivendo che «vi sono pochi dubbi, ormai,<br />

sul fatto che il 1861 non abbia rappresentato l’unità d’Italia<br />

ma l’espansione del Regno <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong> e dei posse<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />

Casa Savoia». Al quale concetto andrebbe anche aggiunto il ricordo<br />

<strong>di</strong> quanti sar<strong>di</strong> operarono e si batterono coraggiosamente<br />

nelle “patrie battaglie” del Risorgimento e nei duri e sanguinosi<br />

combattimenti della guerra mon<strong>di</strong>ale del 1915-18 (a <strong>Cagliari</strong><br />

nell’Ottocento si costituirono delle associazioni per riunire il<br />

centinaio e passa <strong>di</strong> reduci dalle guerre d’in<strong>di</strong>pendenza e dalle<br />

spe<strong>di</strong>zioni garibal<strong>di</strong>ne e, più <strong>di</strong> recente, gli ex combattenti della<br />

“Sassari” furono protagonisti della politica isolana <strong>degli</strong> anni<br />

’20 del Novecento).<br />

Quel regno <strong>di</strong>venuto “d’Italia”, dal 1861 al 1865, avrebbe peraltro<br />

conosciuto una sanguinosa lotta civile nei territori dell’ex<br />

regno borbonico, non <strong>di</strong>ssimile – sono le parole dell’A. –alla<br />

guerra <strong>di</strong> secessione americana (Nord contro Sud, appunto).<br />

Perché l’imposta piemontizzazione del nuovo Regno non fu indolore,<br />

ed ebbe anche in <strong>Sardegna</strong> oppositori assai duri, come<br />

Giorgio Asproni e Giovanni Antonio Sanna. In Lucania e in<br />

Campania le resistenze furono molte, come opposizione alla<br />

dura colonizzazione voluta dai militari e dai burocrati sabau<strong>di</strong>.<br />

Proprio quelle resistenze armate, come nota proprio Fre<strong>di</strong>ani,<br />

provocarono un numero dei morti assai maggiore – scrive<br />

– <strong>di</strong> tutte le tre guerre d’in<strong>di</strong>pendenza. Quin<strong>di</strong>, fu vera guerra<br />

civile «altro che lotta al brigantaggio – aggiunge ancora – come<br />

venne rubricata fino a quando il velo, solo pochi anni fa, non è<br />

stato squarciato!».<br />

Se anche queste “post 1861” furono battaglie “interne” al nuovo<br />

Stato per realizzarne con l’imposizione l’unificazione (lo<br />

scontro fratricida sull’Aspromonte nell’agosto del ’62 o, ancora,<br />

la rivolta <strong>di</strong> Palermo del settembre ’66), la ricostruzione<br />

dell’A. ne elenca altre, in quel centinaio <strong>di</strong> schede, che furono<br />

combattute contro eserciti e poteri “esterni”, per creare lo Stato<br />

unitario; <strong>di</strong> queste alcune erano rimaste completamente<br />

<strong>di</strong>menticate dalla memoria storica, ma che, per quel che scrive<br />

l’A., furono altrettanto importanti per il completamento <strong>di</strong><br />

quel processo unitario.<br />

Perché pochi sanno cosa avvenne nelle balze <strong>di</strong> Scavignano<br />

il 28 settembre 1845, o, ancora, perché poco si è saputo della<br />

sconfitta <strong>di</strong> Sommacampagna il 23 luglio del ’48, durante la<br />

prima guerra d’in<strong>di</strong>pendenza. O, per andare più avanti negli<br />

anni risorgimentali, la memoria non aiuta per sapere cosa<br />

avvenne il 20 ottobre del ’60 al passo del Macerone, nei pressi<br />

<strong>di</strong> Isernia.<br />

<strong>Sardegna</strong> <strong>Economica</strong> 1/<strong>2011</strong> 115

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