Inventario - Carte da legare
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tra medici primari ed ordinari, e istituendo il ruolo dei medici alunni. Ulteriori disfunzioni<br />
del servizio sanitario erano determinate <strong>da</strong>l fatto che molti medici cumulavano<br />
diversi incarichi. Ad esempio «il Cantarano oltre all’essere deputato al Parlamento,<br />
Vice direttore e medico del Manicomio è anche medico dell’Ospe<strong>da</strong>le degli<br />
Incurabili, degli Ospe<strong>da</strong>li dell’Albergo dei Poveri e libero docente di patologia<br />
e clinica medica» 69 . Altri medici lavoravano in una «casa di salute di loro proprietà<br />
a Capodimonte» 70 .<br />
Nonostante la situazione di disagio, denunciata <strong>da</strong>lla Commissione d’inchiesta,<br />
le statistiche del Regno negli anni che vanno tra 1891 al 1900 <strong>da</strong>nno percentuali di<br />
guariti e migliorati molto alte, relativamente ai pazienti del manicomio di Napoli,<br />
rispetto a quelle di altre province 71 .<br />
Il servizio sanitario era molto disorganizzato in quanto il personale medico era<br />
costretto a turnazioni tra la sede dell’Arco - dove era stati mantenuti i «cronici inguaribili»<br />
- e quella del Sales, cosa che creava notevole malanimo e difficoltà grosse<br />
nella gestione delle controversie tra i medici. La situazione divenne ancora più<br />
complessa quando l’impresa Finzi-Sinigallia ricevette l’appalto della gestione<br />
completa dell’Arco. Ciò significava che la ditta non solo curava il vitto, l’acquisto<br />
di suppellettili e dei beni di consumo, ma forniva alle strutture tutto il personale di<br />
servizio, tranne quello sanitario. Nei fatti, dunque, il manicomio apparteneva solo<br />
formalmente alla Provincia. L’accusa implicita delle due inchieste era proprio che<br />
l’ente aveva delegato il suo controllo diretto sull’istituzione sanitaria a tutto vantaggio<br />
di ben altri interessi. Non si possono non segnalare anche i casi reiterati di<br />
irregolarità della gestione contabile, riguardo la fornitura dei generi alimentari e nel<br />
servizio di casermaggio, quali l’inadempienza dei fornitori circa la qualità e la<br />
quantità dei generi offerti, causa di non lievi sofferenze per i folli ricoverati. A tali<br />
disservizi, né la Commissione amministrativa né la Deputazione provinciale furono<br />
sempre in grado di ovviare, spesso per connivenze e coperture dovute a pratiche<br />
clientelari. Inizialmente, come si è visto, il problema della Provincia era quello di<br />
trovare un ricovero per i mentecatti poveri ritirati <strong>da</strong>l manicomio di Aversa. Per un<br />
certo periodo le sedi furono cinque: S. Maria dell’Arco in S. Anastasia, di proprietà<br />
dell’Albergo dei Poveri, S. Francesco di Sales, acquistato e ristrutturato, il regio<br />
ospizio SS. Pietro e Gennaro extra moenia a Capodimonte, il manicomio privato<br />
Leboffe 72 nel limitrofo comune di Ponticelli e S. Francesco Saverio alle Croci, detto<br />
dei Miracolilli, di proprietà degli Istituti Riuniti di educazione professionale<br />
femminile 73 . Tra il 1883 e l’inizio del 1884 si fece pressante l’idea di dotare la città<br />
di Napoli di un manicomio modello a padiglioni staccati. Nel 1890 la commissione<br />
tecnica, deputata ad esaminare i progetti, dichiarò vincitore l’ing. Giuseppe Tango,<br />
approvando una spesa di £. 2.400.000. Al progetto furono apportate delle modifi-<br />
69<br />
Ibid., p. 188.<br />
70<br />
Ibidem.<br />
71<br />
L. BIANCHI, Sulla statistica del manicomio provinciale di Napoli, Napoli, s.d.<br />
72<br />
Sui manicomi privati a Napoli si ve<strong>da</strong> U. MENDIA, Manicomi privati a Napoli nell’800, Napoli,<br />
Luciano, 1997.<br />
73<br />
Regia Commissione d’inchiesta per Napoli, cit., p. 255.<br />
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