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Inventario - Carte da legare

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zioni culturali e di implicazioni sanitarie, politiche e giuridiche, appartenenti ad un<br />

diverso contesto della storia del nostro paese, che per un lungo arco cronologico<br />

hanno caratterizzato il settore sanitario. Nel contesto dello stato unitario l’abbrivio<br />

della legislazione psichiatrica si può rinvenire nella legge del 1904 e nel successivo<br />

regolamento (r.d. 5 marzo 1905 n. 158, modificato con r.d. del 16 agosto 1909 n.<br />

615). Tali norme erano essenzialmente fon<strong>da</strong>te su un duplice concetto, ossia quello<br />

dell’assistenza agli infermi e quello della sicurezza pubblica, necessitata <strong>da</strong>l pericolo<br />

che i folli potevano rappresentare per la società. Da ciò derivava la necessità della<br />

loro custodia in luoghi deputati a questo specifico compito.<br />

Il diverso inquadramento della materia sanitaria, in quel contesto storico, costituiva<br />

il portato imprescindibile di politiche pubbliche e strategie di intervento estremamente<br />

differenti <strong>da</strong> quelle attuali, le quali, come si dirà di seguito, furono<br />

necessariamente condizionate <strong>da</strong>i principi innovativi fissati <strong>da</strong>lla Costituzione del<br />

1948. Durante tutto il secolo XIX, infatti, la materia era stata considerata fon<strong>da</strong>mentalmente<br />

sotto il profilo dell’ordine pubblico, anche se non certamente avulsa<br />

<strong>da</strong> fini umanitari e sociali ed emblematicamente sottoposta alla supremazia gerarchica<br />

del Ministero degli affari interni. La stranezza o il contenuto quasi aberrante<br />

di siffatta concezione della sanità nell’ordinamento statale, ossia il suo mancato riconoscimento<br />

di autonoma rilevanza giuspubblicistica rispetto ad altri settori<br />

dell’amministrazione, dipendeva <strong>da</strong>lla natura intimamente sussidiaria, che essa acquisì<br />

e mantenne rispetto alle problematiche di ordine e sicurezza pubblica, rispondenti<br />

ad un sostanziale disegno di conservazione dello Stato e di difesa della società.<br />

Essendo questa la premessa culturale e politica, la necessaria conseguenza sul<br />

piano istituzionale e giuridico era che lo Stato assumeva direttamente il controllo<br />

della difesa sociale, intervenendo direttamente laddove il singolo individuo rappresentava<br />

con la sua malattia una minaccia per il consorzio civile, obbligandolo alla<br />

cura ed apprestandogli mezzi economici e luoghi di cura specifici. L’iniziativa affi<strong>da</strong>ta<br />

alle autorità di pubblica sicurezza, peraltro, non va confusa con l’attività di<br />

tipo meramente repressivo, bensì essa deve essere correttamente intesa nel senso di<br />

prevenzione mediata di polizia. In questa prospettiva, dunque, si configurava un<br />

recesso del diritto dell’individuo di fronte all’interesse collettivo, nel senso che tale<br />

diritto esisteva fino a che una necessità ritenuta superiore non lo sovrastasse definitivamente,<br />

ripristinandolo integralmente solo quando le cure avessero sortito il loro<br />

effetto. Ovviamente, l’iniziativa statale avveniva solo nel caso in cui fosse stata carente<br />

o inesistente quella del singolo «<strong>da</strong>l momento che nessuna amministrazione è<br />

destinata a <strong>da</strong>re all’individuo ciò che esso può procacciarsi, ma che appunto per ciò<br />

lo Stato deve fornire i mezzi di cura in modo che il singolo possa, se vuole, usufruirne»<br />

2 . Ciò spiega la presenza di norme blande, la carenza di un’organizzazione<br />

amministrativo-sanitaria e di strutture volte alla predisposizione di interventi organici<br />

e strutturali. L’azione statale, inoltre, risultava condizionata <strong>da</strong>i progressi della<br />

medicina, in quanto essa si trovava «ad agire entro i confini che la detta scienza<br />

8<br />

2 S. LESSONA, Trattato di diritto sanitario, Torino, Bocca, 1914, vol. I, pp. 12-13.

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