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URLA AL BUIO 18_6_2012:PUCCINI 8_11_2008 18/06/12 14.36 Pag<strong>in</strong>a 184<br />

stessa, la giustizia sarà sempre r<strong>in</strong>viata, a vita. Se la sentenza è espressione<br />

dell’ord<strong>in</strong>e del diritto, nella sua applicazione rischia ogni volta<br />

di essere <strong>in</strong>giusta. La sentenza è giusta di diritto solo quando la pena<br />

è essa stessa un diritto, quella per ogni persona condannata di ripensare<br />

la propria colpa, il proprio gesto e restituire se stesso alla società,<br />

restituendo <strong>in</strong> opera quel che ha sottratto alla società. Non si può immag<strong>in</strong>are<br />

altra forma di collaborazione di giustizia che non sia appunto<br />

espressione di una collaborazione di giustizia sociale. Accade<br />

<strong>in</strong>vece che il “pentimento” f<strong>in</strong>isca col diventare un mezzo di scambio,<br />

per cui si guadagna la propria libertà togliendola ad altri. L’Etica si rivolta,<br />

ed è paradossale, la dignità passa dall’altra parte, da chi non accetta<br />

di guadagnare la propria libertà <strong>in</strong>carcerando un altro cui è stato<br />

legato, un familiare o un amico o chi può nuocere amici e familiari.<br />

Bisognerà mettere nel numero dei motivi la perdita dell’identità.<br />

L’essere doppiamente <strong>in</strong>fame. La perdita del nome, della terra, della<br />

comunità. Ricordo un agente di polizia penitenziaria, gli feci la domanda<br />

su quale momento ricordasse come più difficile. Rispose raccontando<br />

del reparto dei pentiti. Erano degli “spioni”, regrediti a bamb<strong>in</strong>i<br />

pronti a richiamare l’attenzione della guardia ad ogni m<strong>in</strong>ima<br />

azione e gesto di altri. L’esasperazione massima di quello che è il clima<br />

carcerario: la diffidenza. Il carcere è l’accademia del sospetto.<br />

Nessuno crede al detenuto. Chi entra <strong>in</strong> carcere presto sviluppa un<br />

campo percettivo che <strong>in</strong>tercetta ogni m<strong>in</strong>imo, impercettibile, gesto<br />

che porta a connotare uno stato e un’<strong>in</strong>tenzione. Si è di fronte al crim<strong>in</strong>ale,<br />

al folle, al nemico. È come una rivista del male. Restano solo<br />

le regole. Rigide. Vuote, quando non sanno più di relazione. Lo si<br />

comprende presto <strong>in</strong> carcere come le regole senza relazioni siano vuote<br />

e come le relazioni senza regole siano selvagge e cieche. Non è dato<br />

separare regole e relazioni senza perdere con la sicurezza anche la pratica<br />

dell’educazione e della cura, di sé come dell’altro. Se si vuole mettere<br />

qualcuno <strong>in</strong> difficoltà bisogna dargli fiducia e chiamarlo ad essere<br />

all’altezza della propria dignità di rispettarla e restituirla. Il lavoro<br />

dell’agente di polizia penitenziaria è il più difficile, un corpo a corpo,<br />

senza mediazioni, senza relazioni, senza parole.<br />

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