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URLA AL BUIO 18_6_2012:PUCCINI 8_11_2008 18/06/12 14.36 Pag<strong>in</strong>a 7<br />
Quell’alberello nel cortile della prigione, tagliato per ragioni di sicurezza,<br />
cui accenna <strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e uno dei condannati all’ergastolo, ci<br />
racconta, più di tanti saggi o ricerche, come e perché il carcere non è un<br />
rimedio ma un male ulteriore, un danno che si aggiunge al danno, un<br />
dolore che non risarcisce altri dolori. Il card<strong>in</strong>al Mart<strong>in</strong>i, richiamando le<br />
Sacre scritture, è stato categorico: «Il cristiano non potrà mai giustificare<br />
il carcere, se non come momento di arresto di una grande violenza».<br />
Naturalmente, talvolta il carcere appare e diviene necessario. Ma entro<br />
limiti precisi. Scrive ancora Mart<strong>in</strong>i: «La carcerazione deve essere un <strong>in</strong>tervento<br />
funzionale e di emergenza, quale estremo rimedio temporaneo<br />
ma necessario per arg<strong>in</strong>are una violenza gratuita e <strong>in</strong>giusta» (Sulla giustizia,<br />
Mondadori 1999).<br />
Rimedio estremo e temporaneo. Vale a dire che il carcere deve essere<br />
considerato l“extrema ratio”, l’ultima possibilità, non la prima, non la<br />
scorciatoia. E che la pena deve essere a term<strong>in</strong>e, non perpetua. Invece, alla<br />
f<strong>in</strong>e del 2011 il totale dei reclusi che scontavano l’ergastolo ammontava<br />
a 1.528. Oltre mille e c<strong>in</strong>quecento persone che trovano <strong>in</strong>dicato nel<br />
proprio fascicolo l’anno 9999 come f<strong>in</strong>e della propria pena. Una pena <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita<br />
non può essere considerata vera giustizia.<br />
Da questa considerazione si può e si deve ripartire per una riflessione<br />
equilibrata a livello culturale, sociale e politico che tenga <strong>in</strong> adeguato<br />
conto le parti lese, le vittime dei reati, ma sapendo anche che una riforma<br />
della pena perpetua ostativa è necessaria.<br />
Non è materia che riguarda solo i giuristi e i tecnici o i diretti <strong>in</strong>teressati.<br />
Urla a bassa voce ci ricorda che siamo tutti chiamati <strong>in</strong> causa, nella<br />
società e davanti alle nostre coscienze. Come scrive Maria dopo la morte<br />
di Aziz, un giovane suicida nel penitenziario di Spoleto: «Ogni uomo<br />
che si toglie la vita <strong>in</strong> carcere lo fa anche per causa mia, per un qualcosa<br />
che io non ho fatto, per un’attenzione a una sofferenza che non ho voluto<br />
o saputo vedere».<br />
7<br />
d. Luigi Ciotti